MILANO, mercoledì 14 dicembre ♦ (di Paolo A. Paganini) Nanni Balestrini nel 1972 aveva 37 anni. Il ricordo di quei tempi, per tutti noi, pressappoco della stessa età, è indelebile. Per lacerti e spezzoni di ricordi e attraverso la memoria storica depositata nei giornali – non sempre fedeli – si può ricostruire un attendibile panorama di tragici eventi.
Gi episodi di terrorismo imperversavano, l’economia era pesantemente peggiorata, il governo monocolore di Andreotti stava per cadere, ai primi di maggio si sarebbero tenute le elezioni, che non avrebbero portato a nessuna sconvolgente modifica del quadro politico (la DC al 38,7, il PC al 27,1) e il governo di centro-sinistra si sarebbe spostato verso destra, Berlinguer sarebbe stato nominato segretario del Partito mettendo già le basi del cosiddetto “compromesso storico”.
I giornali cominciano a parlare di “covi” delle Brigate Rosse, le quali proclamano “Tutto il potere al popolo armato!”, “Portare l’attacco al cuore dello Stato!”.
E il 15 marzo a Segrate, a due passi da Milano, viene trovato il corpo maciullato d’un uomo, sotto un traliccio dell’energia elettrica, che lo sconosciuto voleva far saltare con candelotti di dinamite, che invece gli scoppiarono fra le gambe dilaniandolo. Dopo le prime constatazioni della polizia, viene rivelato, tra lo sconcerto e l’incredulità, che il corpo è dell’editore Giangiacomo Feltrinelli, morto in quel tragico incidente. Ma un manifesto di Potere Operaio, distribuito durante i funerali al Cimitero Monumentale di Milano, sosterrà che “il compagno Feltrinelli è stato assassinato”…
Qui ha inizio il concitato spettacolo (un’ora e quindici) in scena all’Out Off, dall’eloquente titolo “L’Editore”, che sei giovani attori recitano con ammirevole aderenza al clima di quegli anni, anche se allora non erano ancora nati. Ma dietro di loro, nella fedeltà della ricostruzione socio-politica, ci sta appunto Nanni Balestrini. E lui c’era. E ricorda. E scrive appunto il romanzo storico, e politico, “L’Editore”, adattato ora alle scene da lui stesso, insieme con Lorenzo Loris, che firma anche la regia (bravo nel tenere a bada la legittima e giusta irruenza interpretativa dei sei giovani, usciti dalla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi).
Non si tratta di “teatro politico” in senso stretto. Ma c’è una buona approssimazione, ch’è piaciuta agli anziani e ha conquistato i più giovani spettatori.
Si parte da una costruzione di teatro nel teatro: sei giovani attori d’oggi si accingono mettere in scena “la tragica morte di Feltrinelli”, interpretando il ruolo di sei giovani comunisti, impegnati in una convinta militanza, che guardava a una rivoluzione di sinistra per un mondo di più equi valori sociali. La tragica morte di Feltrinelli li ha sconvolti. In un clima di terrore e di regime poliziesco, si rifugiano nella casa di campagna di un ex comandante partigiano (l’ottimo Giovanni Longhin). Da una parte, come attori, discutono di come realizzare, senza melodrammatici romanticismi, la drammatica tensione politica venutasi a creare dopo la morte dell’Editore; dall’altra parte, come i personaggi politici di allora, aprono un dibattito su quella morte, che ha troppi lati oscuri, troppe misteriose coincidenze, che avvalorano le tesi di molti intellettuali di sinistra. E se fosse stato davvero assassinato? Se fosse stato un delitto di Stato? Se fosse stata una criminale mano fascista in quegli anni del terrore? Poi, si scoprirà che Feltrinelli, in quella tragica sera del 14 marzo ’72, non era solo nel tentativo di sabotaggio del traliccio dell’ENEL che, se fosse esploso, avrebbe provocato il black-out di mezza Milano dando il via, nell’ipotesi di un più articolato piano terroristico, ad altri sabotaggi nelle zone di Milano rimaste al buio.
Non fu così.
E la morte di Feltrinelli fu definitivamente archiviata nel 1975, quando la Procura di Milano concluse che l’editore era rimasto vittima di un incidente mentre cercava di far saltare un traliccio…
La morte di Feltrinelli, si sostiene nello spettacolo, concluse un’epoca di guerriglie e di attentati. Sappiamo che le cose andarono diversamente. Il dramma politico entrerà nella sua stagione più tragica, fra attentati terroristici di destra e di sinistra, all’ombra di quella Piazza Fontana (12 dicembre ’69) che continuerà a gettare la sua tragica scia di sospetti e di accuse. Viene assassinato Luigi Calabresi, a maggio, che aveva indagato per primo sulla morte di Feltrinelli. Il 2 settembre, due bombe devastano a Milano la tipografia di “Candido” e la sede del MSI… Ma intanto, il 16 novembre, una bella notizia: ministri e sottosegretari si raddoppiano gli stipendi “per decreto”. Viva l’Italia.
“L’EDITORE” dal romanzo di Nanni Balestrini, adattamento Nanni Balestrini e Lorenzo Loris, regia Lorenzo Loris – Con Daniele Cavone Felicioni (leaderino), Giovanni Longhin (ex partigiano), Andrea Panigatti (regista), Camilla Pistorello (giornalista), Emilia Scarpati Fanetti (lei), Matteo Vitanza (lui) – Scena Daniela Gardinazzi, costumi Nicoletta Ceccolini, luci Alessandro Tinelli, musiche Simone Spreafico, elaborazioni video Lorenzo Fassina, collaborazione ai movimenti Barbara Geiger. Reliche fino a venerdì 23.
Teatro Out Off, via Mac Mahon 16, Milano
www.teatrooutoff.it