Die Soldaten, opera da caserma giudicata ineseguibile a Colonia. Sarà. Ma alla Scala applausi e grande entusiasmo

collage Die SoldatenMILANO, domenica 18 gennaio   
(di Carla Maria Casanova) Sapendo che si tratta di una delle più importanti opere del secondo Novecento, “opera gigantesca e totalizzante”, giuro che ero un po’ in ansia. I tedeschi, quando ci si mettono, non scherzano. Vedi le “giornate” di Wagner, i “giorni della settimana” di Stockhausen (solo il Mahabharata li batte). Dunque “Die Soldaten” di Bernd Alois Zimmermann (4 atti), arrivata ieri sera alla Scala in prima italiana, prometteva. Se siamo a casa per la una ci va bene. Invece no: quattro atti compressi in due: 65 minuti il primo, 55 il secondo. Intervallo di 30 minuti. Totale due ore e mezza. Più che onesto.
“Die Soldaten”, andata in scena in prima assoluta a Colonia nel 1965 dopo molti ripensamenti (nel 1960 era stata rifiutata perché “ineseguibile”), poco eseguibile certamente è, in quanto portata all’esasperazione nella realizzazione sia scenica sia musicale. La storia, ripresa da un dramma di fine Settecento, è presto raccontata e oso dire non nuova: Marie, ragazza borghese abbandonata da un corteggiatore di ceto più elevato, finisce sulla strada. L’antico fidanzato uccide il seduttore e si suicida. Con tutte le implicazioni del caso. Qui, l’ambiente costante è una caserma, dove Marie va a spendere le sue grazie.
Tema non facile da trattare senza cadere nella trivialità, appunto, da caserma.
Lo spettacolo scaligero, prodotto per il Festival di Salisburgo nel 2012 con la regìa di Alvis Hermanis (scene di Hermanis e Uta Gruber-Ballehr, costumi Eva Dessecker, luci Gleb Filishtinsky) è importante e molto bello da vedere. Scena unica su due piani, fondali a proiezioni con immagini – sufficientemente caste – di bordelli inizio secolo scorso. Luci fascinose. Magari negli interpreti qualche esagitazione di troppo (possibile che tutti i soldati e Marie e sua sorella avessero sonni così tormentati?)
Sul versante musicale appaiono perplessità. Che qui si trovino assemblate le esperienze delle avanguardie storiche (dodecafonia) ad altre rigorosamente seriali come il jazz e Bach, è una evenienza già sperimentata. Che l’orchestra – diretta da Ingo Metzmacher –  sia sterminata: 112 professori alcuni dislocati nei palchi, non è una novità (Berlioz, buonanima…). Che si citino “25 cantanti solisti”, è però un paradosso. Anche il messaggero dell’Aida è un solista, ma non viene citato tra gli interpreti principali. Qui ce ne sono tutt’al più quattro, e la protagonista è una: Marie (l’eroica Laura Aikin). Che poi questi cantanti, specie le donne, debbano urlare come aquile producendo vibrazioni da ultrasuoni, può avere una significanza estrema, ma difficile da sopportare. Anche la Callas emetteva ogni tanto degli “urli”, ma non cantava così tutta l’opera! Per “Die Soldaten”, libretto e musica, si cita l’irrinunciabile paragone con Wozzeck. Ma Wozzeck, signori, è un’altra cosa.
Ad ogni modo, il pubblico della Scala (platea completa, moltissimi i palchi vuoti) ha applaudito con grande entusiasmo. Di più: come con conoscenza di causa. Sarebbe la prima volta.

“Die Soldaten”, di Bernd Alois Zimmermann. Regia di Alvis Hermanis. Teatro alla Scala – Milano – Repliche  20, 25, 27, 31 gennaio, 3 febbraio.

Infotel 02 72 00 37 44
www.teatroallascala.org