Disuguaglianza e povertà? È tutta una questione di buona salute. Basta star bene, e anche il portafoglio ci guadagnerà

27.6.16 collage deaton(di Andrea Bisicchia) La scuola anglosassone di economia, in anni recenti, ha più volte affrontato il tema della disuguaglianza, vedi lo studio di Anthony B. Atkinson, dal titolo omonimo, nel quale l’autore inglese proponeva cinque punti per arginarla: la tecnologia, l’occupazione, i sistemi di sicurezza, la condivisione del capitale e un nuovo modo di tassazione. Sull’argomento è ritornato lo scozzese, Angus Deaton, premio Nobel per l’economia, in “La grande fuga, salute, ricchezza e origini della disuguaglianza”, edito dal Mulino, il quale propone delle scorciatoie abbastanza singolari, visto che collega il fenomeno economico a quello della nostra salute, convinto che, a una crescita economica, debba corrispondere una crescita della salute e viceversa.
Egli sostiene che i popoli vivano di più durante i periodi opulenti, sia perché si ammalano di meno, sia perché hanno prospettive di vita più lunghe. Al contrario, i periodi di decrescita aumentano l’ansia e favoriscono gli infarti, tanto che le prospettive di vita diminuiscono.
Al centro della ricerca di Deaton c’è una impostazione di carattere storicistico, legata, però, all’evoluzione secolare del benessere, con la convinzione che, solo riducendo la povertà, si possa migliorare la cattiva salute del mondo. Egli utilizza strumenti critici fondati non solo sulla storiografia, ma anche su minuziosi dati statistici che riguardano soprattutto le “ fughe” che hanno caratterizzato i popoli nel corso della loro evoluzione, che corrispondono a fughe dalla disuguaglianza generata da recessioni, da politiche sbagliate, dalla corruzione, che, a sua volta, indebolisce le istituzioni e mette a rischio la stessa democrazia. Deaton è anche convinto che gli economisti, spesso, si limitino a porre il problema senza la capacità di risolverlo, anche perché i mutamenti economici trasformano in profondità il tessuto sociale, sottoposto com’è all’innovazione tecnologica, la cui velocità non permette delle brevi ricette perché vengono superate dai ritrovamenti successivi, essendo la ricchezza economica generata dalla ricchezza tecnologica, ma, vista la sua velocità nell’innovare, non riesce a starle dietro, il che rende più difficile, per i popoli, evadere dalla povertà.
Non c’è dubbio che la vita oggi sia meno dura e che l’aspettativa sia aumentata, solo che le conseguenze del progresso illimitato rimangono sempre imprevedibili, tanto che c’è chi fugge e c’è chi non tenta neanche la fuga, o c’è chi sceglie un paese più sviluppato credendo che il benessere di quel paese possa avvenire a spese di un altro. In verità, la globalizzazione ha visto nascere e crescere la prosperità, ma anche la disuguaglianza, dovuta non solo a incapacità politiche, ma anche a forme di ingiustizia sociale che si riversano nel campo della salute individuale che è ben diversa dalla salute pubblica.
Eliminare la disuguaglianza vuol dire, per Deaton, creare una buona vita al di là del reddito, perché quel che conta, nella lotta alla povertà, è, soprattutto, pervenire al benessere fisico che si trasforma in longevità. Questo benessere lo si può raggiungere se i paesi più ricchi sapessero impiegare il loro denaro per aiutare quelli più poveri, invece di accumulare profitti che sono la causa prima della disuguaglianza.

Angus Deaton, “La grande fuga, salute, ricchezza e origini della disuguaglianza” – il Mulino 2015 – p 368 – € 28.