Divagazioni sull’Ethica di Spinoza, mentre una fanciulla è appesa a un cavo e un cane si struscia ragionando di filosofia

MILANO (di Andrea Bisicchia) Dopo aver scandagliato il Mito e le Sacre Scritture, Romeo Castellucci si è dedicato alla filosofia, prendendo spunto dal secondo libro dell’Ethica di Spinoza, quello che affronta il problema della mente e del suo rapporto col pensiero, oltre che con il corpo, da cui deriverebbero le nostre conoscenze sensibili, quelle “adeguate” e quelle “inadeguate”.
Il regista romagnolo ricostruisce il testo affidando la stesura a Claudia Castellucci e il suono a Matteo Braglia. Dopo, costruisce il suo particolare spazio scenico, a cui lo spettatore accede attraverso la silhouette di un corpo femminile posta al centro di un sipario di legno scuro che diventa, all’interno, uno schermo bianco su cui viene proiettata una parte dei dialoghi, quella affidata alla voce della Telecamera (Bernardo Bruno) che discute con la Luce, impersonata da Silvia Costa che, per tre quarti d’ora, la vediamo sospesa a un cavo col solo dito indice della mano sinistra. Attraverso il buco della silhouette intravediamo muoversi i corpi nudi di un coro che partecipa al dialogo, fino a quando un velo nero, con performer, si allunga per tutto il palcoscenico, forse a indicare il Trionfo della morte, anticipato dalla immagine di uno scheletro.
Nel percorso immaginato da Castellucci, dove, tra i figuranti, c’è un cane nero che gira tra gli spettatori, che forse dà voce alla Telecamera, lo spettatore è concepito come parte integrante dello spettacolo, chiamato ad assorbire le suggestioni create dalla mente di Castellucci, un po’ criptate, ma non certo codificate, attente a quanto accade sulla scena nel momento in cui il pensiero trasmette alla mente le sue sensazioni di tipo concettuale.
C’è da dire che ogni asserzione, per il regista, debba essere intesa nella prospettiva dell’effetto che produce, non solo, quindi,come espressione del pensiero. La filosofia, allora, diventa un pretesto per indicare un modus vivendi caro, del resto, anche a Spinoza, concepita, pertanto, non più come un esercizio intellettuale o morale, bensì come vera e propria prassi.
Visto l’argomento, vista la messinscena, il risultato è quello di un teatro per adepti che hanno una gran voglia di stupirsi. In fondo anche la filosofia, quando è nata, ha scelto, come fine, la meraviglia. Lo spettacolo si potrebbe persino leggere come uno scontro tra filosofia e tecnologia, visto che protagonista è, appunto,una Telecamera in conflitto con la Luce. La messinscena è in linea con l’idea di teatro del curatore artistico del CRT Umberto Angelini che, nel presentare la stagione dell’anno prossimo, ha teorizzato l’importanza di ciò che accade in scena, da ricercare in ciò in ciò che si realizza al di là di essa. Un pubblico scelto ha applaudito, non sempre convinto.

Romeo Castellucci: Ethica. “Natura e origine della mente”, Teatro CRT, Palazzo della Triennale, Viale Alemagna 6, Milano

______________________

Anche a Venezia, dove “Ethica” è stato rappresentato, l’anno scorso, nell’ambito della Biennale di Teatro, alle Tese dell’Arsenale, gli spettatori, in piedi per una quarantina di minuti, mostrarono di essere più incuriositi dalla singolarità dell’allestimento che non dalla drammaturgia di un contesto iniziatico. Soprattutto, si dimostrarono interessati dal basso, a naso in su, a seguire le vicende della spericolata fanciulla appesa per un dito a un cavo d’acciaio. E decisamente divertiti a seguire i filosofici andirivieni d’un nero cagnone, un pacioccone terranova di sette anni, che si aggirava tra le gambe della gente bofonchiando ragionamenti metafisici, o dialogando con la donzella appesa, o strologando un po’ sui massimi sistemi, un po’ sui prosaici problemi esistenziali, un po’ sulla realtà… E quando proprio non ne poteva più, il cagnone si metteva a miagolare… (p.a.p. – Venezia 7 agosto 2016)