(di Marisa Marzelli) Il mondo magico di J.K. Rowling lascia la Gran Bretagna e sbarca a New York. In Animali fantastici e dove trovarli tre maghi e un babbano (gli umani senza poteri magici, ma negli Usa li chiamano no-mag) fanno squadra per recuperare gli animali del titolo fuggiti da una valigia (ovviamente magica), non farsi scoprire dai “normali” e barcamenarsi tra due agguerrite fazioni di stregoni che combattono a colpi di bacchette magiche.
Per parlare del film, primo episodio di una serie già pianificata in cinque titoli che danno vita ad un nuovo franchise, bisogna distinguere due aspetti: l’aggressiva strategia di produzione e di marketing e il risultato artistico.
Dopo sette libri e otto pellicole su Harry Potter, che hanno imperversato negli ultimi vent’anni, la scrittrice J.K. Rowling ci riprova confezionando un universo espanso nei dintorni del maghetto dalle uova d’oro. È uno spin-off che prende spunto dalla scuola di magia di Hogwarts, dove hanno studiato anche Potter, i suoi inseparabili amici Hermione e Ron e i loro tanti nemici. Stavolta al centro del racconto c’è il magi-zoologo Newt Scamader, che in futuro scriverà un libro di testo degli allievi di Hogwart. L’aggancio con Harry Potter è per ora debole ma nei prossimi episodi compariranno personaggi noti della saga potteriana. Il furbo spunto parte da un ceppo consolidato per far nascere germogli autonomi.
La Rowling aveva scritto nel 2001 un libretto dedicato agli animali magici. Nel nuovo film amplia il discorso (per la prima volta è lei la sceneggiatrice) mentre la regia dei cinque episodi previsti è affidata a David Yates, già alla guida di quattro capitoli di Harry Potter. Il metodo per tenere agganciati più pubblici – i fan del maghetto e i nuovi attratti dal nome della scrittrice più ricca d’Inghilterra – è creare riferimenti a precedenti situazioni e personaggi, raccontando una vicenda diversa. Qui non c’è più la scuola di maghi come collante dei personaggi, c’è un protagonista inedito e lo scenario è New York. Il metodo narrativo ricorda le avventure seriali dei supereroi cinematografici presi dai fumetti.
Veniamo però ad Animali fantastici e come trovarli, che introduce il nuovo scenario. Inquadrature iniziali sulla statua della Libertà che appare agli emigranti europei intenzionati a sbarcare in America (siamo nel 1926, tra le due guerre mondiali). Sbarca anche Newt Scamander, giovane e ancora poco sicuro di sé mago zoologo (Eddie Redmayne) con la sua valigia magica – sembra misera e consumata ma, una volta aperta, contiene un serraglio di animali fantasy e permette al proprietario di calarvisi dentro come attraverso un passaggio segreto e aprendo fantasiose vie di fuga –. Per il solito equivoco, la valigetta viene scambiata con quella di un babbano disoccupato e aspirante pasticciere (Dan Fogler) al quale è stato rifiutato un prestito bancario per aprire la sua attività. Intanto una agente della polizia magica (Katherine Waterston) e la sorella (Alison Sudol) aiutano Newt col suo bestiario – gli animali fantastici sono davvero originali e simpatici – e il babbano a non essere scoperti dagli umani. Ma è in corso una guerra tra maghi, quelli intenzionati a convivere con gli umani (benché sotto copertura) e quelli integralisti, convinti di appartenere ad una razza superiore. Aggiungiamo altre strane presenze, come un mago ragazzino “obscurus”, ossia che ha cumulato un tale potenziale di risentimento da diventare pericoloso. La guerra intestina tra maghi democratici e intolleranti è la parte più confusa del racconto. Anche se ritornano i significati metaforici già cari alla Rowling nelle avventure di Harry Potter: la caccia alle streghe e, in contrapposizione, la necessità di convivenza pacifica, senza averne paura o demonizzarlo, con il diverso. Se guardata in filigrana, è la medesima filosofia, con un approccio narrativo quasi sovrapponibile, dei film tratti dai fumetti sugli X-Men.
La Rowling in qualità di sceneggiatrice si rivela un vulcano di geniale inventiva e ironia sulle piccole cose, ad esempio sulle caratteristiche degli animali fantastici, ma confusionaria nella gestione del plot nel suo complesso, che pencola tra la leggerezza della fiaba per adolescenti e toni dark quasi horror – scrivere libri è diverso da scrivere per le immagini di un film –. Nel reparto attoriale, Redmayne è come da troppi film in qua perfettino e manierato; se all’inizio incantava (ha vinto l’Oscar nel 2015 interpretando lo scienziato Stephen Hawking ne La teoria del tutto) ora comincia ad annoiare; neutra, sebbene di bella e non stereotipata presenza, Katherine Waterston; ironici e ben assortiti Alison Sudol e Dan Fogler (la maga e il babbano di cui s’intuisce l’inizio di un legame sentimentale). Colin Farrell fa il cattivo e attenzione agli ultimi fotogrammi del film, quando entra in scena Johnny Depp che (lo sappiamo dalle anticipazioni fatte filtrare ad arte dalla produzione) interpreterà nei sequel il mago Grindelwald, sorta di alter ego del terribile mago oscuro Woldemort di Harry Potter. La regia di David Yates non spicca per originalità e propone troppi sottofinali, ma la versione 3D è di alta qualità.