Dopo tante storiche e memorabili edizioni di “Anna Bolena”, ecco ora questo infelice allestimento. Brutto e fischiato

MILANO, sabato 1 aprile ► (di Carla Maria Casanova) “Anna Bolena” di Getano Donizetti, alla Scala (dopo 35 anni!!).
La storia della donna che fece cambiare le sorti dell’Inghilterra, causa dello scisma contro la Chiesa di Roma, sono note. Con molte inesattezze, come spesso accade. Enrico VIII, suo (il)legittimo sposo, viene dipinto, anche fisicamente, come un rozzo, grasso sanguinario Barbablù. In effetti tale diventò, e tre delle sue sei mogli ne subirono le aspre conseguenze. Ma, dicono le cronache dell’epoca, da giovane era parecchio attraente e pieno di qualità e quando diciottenne sposò la sua prima moglie, Caterina d’Aragona (ventitreenne vedova del fratello, con nozze non consumate) di lei fosse persino innamorato. Vissero  insieme in armonia per vent’anni. Lei subì sette gravidanze: di cui una sola andata a buon fine. Cioè, non troppo a buon fine, dato che si trattava di una femmina: Maria. L’assenza dell’erede maschio fu la causa che scatenò tutto quanto. Il fatto poi che Enrico si invaghisse perdutamente della damigella di corte Anna Bolena, è la solita casualità. Anna Bolena non era ragazza di esemplari virtù. Di modesta nobiltà (niente a che fare con la stirpe regale di Caterina), Anna aveva nel padre un, diciamo, arrampicatore sociale. Prima di lei egli aveva spinto nelle lenzuola di Enrico la figlia primogenita, Mary, ma il re preferì Anna. E la preferì di brutto. L’astuta signorina gli si negò. O mi sposi o niente. Si sa come andò a finire. Questo fervorino storico, tanto per fare giustizia.
La versione romantica della vicenda, ripresa anche dall’opera di Donizetti, presenta Bolena quale povera, santa vittima. In fin dei conti, la poveretta ci perde anche la testa. Che Maria Callas l’avesse riportata sulle scene, nel 1957, con la leggendaria interpretazione che si ricorda (personalmente, nelle due stagioni ’57-’58,  la vidi/sentii sette volte), sancì il grande fascino del personaggio. Poi, alla Scala, la ripresa del 1982, con Caballè rinunciataria sostituita dalla ventiduenne  debuttante Gasdìa, fresca vincitrice del Concorso Callas, fu uno di quegli eventi segnati in rosso nella storia del melodramma. Ma ci sono state anche Leyla Gencer, Montserrat Caballè (quando non moribonda), Ricciarelli, Devia: tutte egregie Bolene. Ora, terza Bolena alla Scala, tutto nuovo: allestimento e cast.
Protagonista Hibla Gerzmava , originaria dell’Abcasia (dove mai sarà? Scopro che ci sono persino stata, mille anni fa, allora si chiamava Caucaso). Seymour, Sonia Ganassi; Percy, Piero Pretti; Enrico, Carlo Colombara; Smeton, Martina Belli; Rochefort, Mattia Denti. Direttore Ion Marin.
Andando per le spicce, dopo il primo atto c’era una gran voglia di piangere. La meglio sembrava essere Martina Belli(Smeton, un’arietta, non so se mi spiego). Colombara afono, o forse molto, molto stanco. Ganassi dizione incomprensibile. Gerzmava, proviamo a sentirla nel secondo atto. Il tenore Piero Pretti un po’ sull’urlo ma non male. In verità, nel secondo atto, tutti rinfrancati. Qualche fremito nel duetto delle due donne. “Al dolce guidami” con cabaletta finale cantata correttamente. E alla fine persino grandi applausi (fuorché buu decisi per Colombara che non era proprio in serata) e qualche buu per il maestro romeno Ion Marin, non eccelso. Resta il fatto che queste opere vogliono una protagonista grandiosa, altrimenti è inutile portarle in scena. Resta anche, qui, uno spettacolo brutto, tetro, senza idee, eccetto quel finale del trono che si trasforma in patibolo dove però la povera Bolena sale lottando con fatica in chilometrici luttuosi veli e poi, anzichè sparire da qualche parte a farsi decapitare, ridiscende precipitosamente la scaletta e si abbatte a terra (infarto?).
Il brutto allestimento, firmato da Marie-Louise Bischofberger (regia), scene astratte di Erich Wonder, costumi di Kaspar Glarner, era stato creato per l’Opera di Bordeaux nel 2014. La storia non dice se, là, applaudito. Qui, fischiato.
Be’, smettiamola di piangere. Oggi le cose vanno  così. E, poi, il coro diretto da Bruno Casoni è pur sempre stato pregevole.

Teatro alla Scala, Gaetano Donizetti: “Anna Bolena”. Repliche 4, 8, 11, 14, 20, 23 aprile
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