(di Andrea Bisicchia) C’era una volta il capitalismo industriale, quello che assecondava l’intreccio tra economia e politica, oltre che una speciale convivenza. Poi venne il post capitalismo, nato per adeguarsi al postmoderno, quindi arrivò il neoliberismo, contrabbandato come dottrina politica, rivestita con i panni della teoria economica, adottato dai governi di tutto il mondo, senza possederne il DNA, senza, cioè, presagire i risultati deleteri e il conseguente flagello, essendo stato la matrice del turbo capitalismo o di quello che Luciano Gallino ha definito il “Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi”, Einaudi.
Già ordinario di sociologia, Gallino si era intrattenuto sul tracollo finanziario nel volume precedente: “Il colpo di Stato di banche e governi”, Einaudi 2013, nel quale sosteneva la tesi, a lui cara, secondo la quale, è necessario riportare la finanza al servizio dell’economia e non viceversa. Oggi ritorna sull’argomento, col solito rigore scientifico, ma con una chiarezza di scrittura che permette al lettore di capire quanto sia accaduto nell’ultimo ventennio, come si possa essere partecipi della disfatta dell’odierna civiltà,avendo, questa, scelto di essere asservita al sistema finanziario.
Come è potuto accadere tutto ciò? Finanziarizzando l’economia globale, quella che ha speculato sui debiti internazionali, accumulando ingente produzione di denaro per mezzo del denaro stesso, a scapito della produzione di merci. La politica, impotente dinanzi a una tale calamità, ha dovuto prendere atto di una simile trasformazione e accettare che le società si adattassero al potere smisurato e totalitario dell’economia, fino a vedere affossata l’idea stessa di democrazia. Tutto ciò è potuto accadere grazie a un investimento di tipo culturale che ha visto insigni luminari, di prestigiose università, conferire competenze professionali di neoliberismo a una classe dirigente che si è schierata con una dottrina vantaggiosa soltanto alle proprie tasche.
Le teorie neoliberiste, diffuse attraverso il megafono della politica, hanno coinvolto i cittadini, imponendo loro il vangelo del consumo, trasformandoli in “infantili consumatori”, grazie a miliardarie campagne di pubblicità con offerte di micro oggetti superflui. I guai sono iniziati quando i salari non bastavano per arrivare alla fine del mese, evidenziando quanto fosse stata spregiudicata la liberalizzazione del mercato.
Luciano Gallino, con competenza e lucidità, ci dimostra come il neoliberismo, in circa trent’anni, sia riuscito a riorganizzare il mondo a sua immagine e somiglianza, imponendo una nuova fede in cui credere o morire, sfruttando l’invisibilità del sistema finanziario, le cui attività sono, a fatica, discernibili persino dagli esperti, tutto ciò grazie a investitori istituzionali che posseggono metà delle società quotate in borsa. La politica ha abdicato, anche perché molti dei suoi esponent lavorano fianco a fianco dei potenti Istituti e degli investitori istituzionali, dimostrandosi incapaci di governare una economia malsana, ai limiti del malavitoso. Ne è conseguita una crisi di civiltà, anch’essa invisibile, perché diventata planetaria, come l’economia, del resto, e una crisi della qualità della vita, resa sempre più mediocre, se non pessima.
Come reagire? Creando dei cittadini consapevoli, liberandoli dal culto del superfluo, dall’infantilismo, rendendoli cittadini attivi e non dei robot, capaci di reagire a ogni forma di speculazione. Occorre una vera resistenza che restituisca all’uomo il suo carattere sociale, il senso della responsabilità, per non farsi pianificare o schiacciare dalle megamacchine, fonti di fragilità, grazie ai mutui facili, ai derivati, alle cartolarizzazioni,alle bolle speculative. È necessario liberare le imprese da questo intreccio mortale, inventare delle strategie correttive, ma soprattutto, sostiene Gallino, bisogna combattere il consumismo sfrenato, convinto che soltanto i consumatori possano liberarsi dal consumismo. Questo non vuol dire abbattere i consumi, dato che tutte le recessioni sono sempre state precedute da un tale abbattimento, bensì proteggerli senza lasciarsene sopraffare. Per farlo, secondo Gallino, bisogna “incivilire” il finanzcapitalismo, ovvero ridurne il dominio illimitato che ha reso l’economia una scienza “patologicamente irrazionale”, fare in modo che il trasferimento del reddito e della ricchezza avvenga, non più dal basso verso l’alto, ma viceversa, favorendo una democratizzazione della globalizzazione e progettando un capitalismo basato sulla conoscenza e non sulla finanza.
Luciano Gallino, “Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi”, Einaudi 2011, pp 322, euro 12,50