(di Andrea Bisicchia ) Ci sono spettacoli che rimangono nella nostra
memoria,che vivono e rivivono in rapporto ad altri, che ci permettono dei confronti, facendoci rimanere fedeli a quegli stati d’animo, a quelle sensazioni, a quei sentimenti provati la prima volta. Tra le migliaia da me visti, quelli che occupano uno spazio privilegiato sono una decina, tra questi “I sei personaggi in cerca d’autore” con la regia di De Lullo. Se cerco di capirne il perché, mi rispondo: Perché tutte le edizioni successive che ho visto mi hanno sempre rimandato a questa specie di archetipo, del quale le altre messe in scena possono essere considerate delle semplici varianti. Fabio Poggiali ne ha ricostruito la fortuna critica in un volume pubblicato da Mimesis:”Giorgio De Lullo, regista pirandelliano”, però nessuno si era mai chiesto perché, prima del debutto in Italia, l’approvazione per la scelta registica la si fosse cercata in terre di Russia, di Polonia, di Ungheria. La spiegazione più semplice potrebbe essere che alla Compagnia fu offerta una tournée con un minuscolo repertorio che, oltre a “I Sei Personaggi”, prevedeva le “Morbinose” di Goldoni, “Il diario di Anna Frank” di Goodrich e Hackett, due testi già collaudati, mentre il capolavoro pirandelliano non lo era ancora. Il motivo del debutto all’estero era forse da ricercare nella volontà di De Lullo di cominciare a sperimentare l’idea di una messinscena che necessitava di un periodo di incubazione prima del debutto italiano. Il regista aveva le idee chiare, ma in teatro, quando l’idea si confronta con la scena, mostra immediatamente i suoi difetti o i suoi pregi. De Lullo doveva amalgamare le personalità degli attori, dare unità alla sua ispirazione, confrontare la ricerca estetica con quella filologica e, soprattutto, scegliere tra l’edizione del ’21 e quella del ’25. Durante la tournée, De Lullo aveva già dato delle indicazioni precise circa la recitazione, i movimenti, le intonazioni, il rigore e i risultati non si fecero attendere. Romolo Valli fece riferimento alla recensione apparsa sulla “Pravda”, dalla quale ricavò la sensazione che i Sei personaggi fossero stati scritti in quel medesimo anno. Quando avvenne il debutto romano (17 gennaio 1964), lo spettacolo era oramai oliato e, quindi, venne presentato in un’edizione definitiva. La critica, in maniera unanime, sottolineò la svolta data all’interpretazione pirandelliana, trascurando le due realizzazioni precedenti di Orazio Costa, (1946-1948) e di Strehler (1953), ma soprattutto dimenticandosi della vera svolta data da Squarzina con “Ciascuno a suo modo” (1962). Se Costa e Strehler si erano rifatti all’edizione del 1921, De Lullo lavorò sull’edizione del ‘21 e su quella del ‘25, creando un copione adatto ai suoi attori, scegliendo una sorta di contaminazione tra fantasia e realtà, tra estetismo e filologismo, ma aggiungendo qualcosa che era mancata in tutte le edizioni precedenti,ovvero quel tanto di intellettualismo che fece del Padre, non tanto il raisonneur pirandelliano,quanto una specie di sapiente, se non di filosofo che cerca il senso della vita, anche quando questa si presenta in tutto il suo squallore.
Fabio Poggiali ha potuto consultare archivi pubblici e privati,ha dato ordine storiografico a questo materiale e ci ha “raccontato”, non solo la storia delle regie pirandelliane di De Lullo,ma anche la storia di un momento tanto particolare quanto esaltante della storia del teatro italiano.

Fabio Poggiali ha potuto consultare archivi pubblici e privati,ha dato ordine storiografico a questo materiale e ci ha “raccontato”, non solo la storia delle regie pirandelliane di De Lullo,ma anche la storia di un momento tanto particolare quanto esaltante della storia del teatro italiano.
”Giorgio De Lullo, regista pirandelliano”, di Fabio Poggiali, Ed. Mimesis, 2013, p330, euro 26