MILANO, venerdì 11 gennaio ► (di Paolo A. Paganini). Parliamo di “una malattia degenerativa incurabile. In alcune parti del cervello i neuroni vengono distrutti portando a un deficit delle funzioni cognitive, ad esempio la memoria, il linguaggio e il comportamento. Colpisce il 5-8% di tutte le persone di età superiore a 60 anni. La progressione della malattia porta a una totale perdita dell’autonomia: incapacità a ricordare, a riconoscere persone, oggetti, luoghi, ecc.”
Così recitano i sacri testi.
È l’Alzheimer. Il maledetto Alzheimer. Un male che distrugge lentamente, progressivamente, non solo chi ne è colpito, ma le stesse famiglie, le persone care, che non sanno come comportarsi nei confronti di chi, un po’ alla volta, non le riconosce più.
È una tragedia sociale.
Ed ora l’Alzheimer, con il titolo “Il padre”, di Florian Zeller, è in scena al Manzoni.
Una scelta coraggiosa, con degli attori coraggiosi, con un pubblico coraggioso, che, per un’ora e mezzo, segue senza fiatare il personaggio interpretato da Alessandro Haber, impegnato in una tragedia, della quale si può anche sorridere.
Proibito ridere delle disgrazie, ma sorridere, sì. Se un bambino cade, se non sbatte la testa, se non si fa male, suscita il sorriso della mamma, tranquillizzante per il bambino.
Chi è colpito dell’Alzheimer, è come se tornasse bambino. In una zona lontana del cervello sopravvive la memoria antica, che, nel naufragio dei ricordi, recupera i più lontani affetti, che saranno gli ultimi ad andarsene, prima del silenzio totale. E quando Alessandro Haber, alla fine, ridotto in un ospizio, che lui non riconosce, che crede di essere ancora a casa sua, con le figlie adorate. E lontane. Una è a Londra con il proprio uomo, l’altra è in cielo dopo un incidente. Ebbene, in questa struggente regressione, quando Alessandro Haber invoca la mamma, supplicandola: “Mamma, riportami a casa, torniamo a casa…”, prende negli spettatori un groppo, che non sai come trattenere, e che diventa l’inconscio di tutte le nostre paure.
Eppure, bisogna riconoscere che, prima di arrivare al distruttivo e inevitabile finale, Haber fa anche sorridere, come quel bambino che incespica, ma che poi continua a rialzarsi e a far sorridere la mamma.
E per fortuna c’è il sorriso, che ti fa accettare Haber anche quando scambia una figlia per l’altra, o non ricorda, come un tormentone, dove ha messo l’orologio, o quando, lui che era ingegnere, dice che era un ballerino di tip tap. Poi, correggendosi, no, una volta lavorava in un circo. Oppure no, si era dedicato alla magia…
Chi sa da quali meandri della mente arrivano fantasmi, illusioni, fantasie e inganni.
E noi, come risponderemmo a quegli atteggiamenti malati che arrivano chi sa da dove? Come trattare un uomo, un padre, un marito, che non riconosce più nessuno, e che costringe un figlio a diventare genitore di suo padre?
È la tragedia parallela. Da una parte il malato, dall’altra la famiglia, che un po’ alla volta non ne può più, e l’ospedale, la casa di cura, l’ospizio diventa l’unica alternativa. Già tanto, per lui, è la stessa cosa, qua o là, o a casa o in un altro luogo, lui vive ormai con i suoi fantasmi, in mondi lontani e imperscrutabili. Dove c’è ormai solio una mamma che attende il suo vecchio bambino…
Alessandro Haber tratta questo difficile personaggio con stupori e leggerezza, e con l’orgoglio di chi cerca di combattere, di non arrendersi. Bravissimo. Applauditissimo.
Al suo fianco Lucrezia Lante della Rovere, in balia del bizzarro e incomprensibile padre, combattuta tra coraggio, tenerezze, laceranti impazienze e dolorose decisioni. Una prova di prestigiosa bravura.
Bene anche tutti gli altri, in una tesa e incalzante regia di Piero Maccarinelli, a colpi di scena, in una successione di quadri e bui, a-temporali e talvolta slegati fra loro, come appunto la rappresentazione di una mente nella devastazione dell’Alzheimer, che a poco a poco perde la cognizione di sé e il senso del tempo e della realtà.
“IL PADRE”, di Florian Zeller. Con Alessandro Haber, Lucrezia Lante della Rovere, Paolo Giovannucci, Daniela Scarlatti, Ilaria Genatiempo, Riccardo Floris. Regia di Piero Maccarinelli. Repliche fino a domenica 27 gennaio. Al Teatro Manzoni, Via Manzoni 42, Milano.