E, dopo vent’anni, Lorella Cuccarini abdica al ruolo di madre e moglie. E decide di riprendersi in mano la propria vita

MILANO, sabato 7 aprile ► (di Paolo A. Paganini) A volte subiamo, come una condanna, i complessi di colpa che accompagnano le nostre giornate. Ignorare la mano tesa del povero; fare la doccia, e pensare che ci sono popoli e bambini denutriti costretti a bere acque di fango; abitare case calde e confortevoli quando tanti barboni passano notti al gelo sotto portici e androni. Oppure andare a divertirci quando tanti volontari e medici senza frontiere portano il loro amore a disgraziati tra macerie e devastazioni.
Domando scusa.
È una introduzione di populistico buonismo, ipocritamente farisaica e politicamente ricorrente.
E poi che c’entri tutto ciò con il teatro non ho ben capito.
Eppure, questi pensieri inopportuni mi son venuti a tradimento in platea, al Manzoni, sentendomi vagamente in colpa (ah, i maledetti complessi di colpa). In che cosa stavo peccando divertendomi ora come un matto dopo aver visto tanti spettacoli punitivi, nei quali siamo stati disperatamente travolti dalle più svariate e complesse problematiche contemporanee delle umane sofferenze: cambiamenti di genere, stupri e violenze, giustizie conculcate, tragedie incombenti, orrori familiari, eccetera?
Due ore di sorrisi e risate fan venire un dubbio: buondio, vuoi vedere che sto diventando uno sclerotico sempliciotto, senza più senso critico, beota e godereccio?
E invece no.
Una volta tanto siamo nel giusto, con uno dei più amabili e onesti spettacoli, come da tempo non succedeva. La commedia “Non mi hai più detto ti amo” dell’attore drammaturgo e regista quarantasettenne Gabriele Pignotta (due tempi di 45 minuti ciascuno), racconta una storia con qualche nobile intento di riflessione. E, perbacco, non usa parolacce, non dice volgarità. Ha, poi, un sottotesto gaudiosamente impegnato, senza essere pecoreccio, e un’azione che ha tempi e ritmi d’impostazione cinematografica, in una scandita successione di cambi di scena, con quinte ruotanti, dedicate alle diverse necessità drammaturgiche. E poi dialoghi sparati come in un vecchio spettacolo di varietà, belle musiche del cantautore ventisettenne Giovanni Caccamo (suo il brano sanremese “Ritornerò da te”, che qui avrebbe avuto un senso pertinente); gag che ammiccano con intelligenza a una nuova e corretta buonacreanza di raffinata comicità.
E poi metteteci i cinque interpreti, tutti generosamente in affiatata complicità: l’incantevole showgirl Lorella Cuccarini; l’attore e cantante Giampiero Ingrassia (figlio non indegno, per chi ancora non lo sapesse, dell’indimenticato Ciccio); i due giovani Raffaella Camarda e Francesco Maria Conti, esemplari rappresentanti di tanti ragazzi d’oggi, buoni affettuosi e problematici; e Fabrizio Corucci, baritono e attore, di taglia super, sia nella stazza, sia nella simpatia, sia in uno spigliato, divertente tormentone macchiettistico.
Un accenno alla storia. Dopo vent’anni di matrimonio, una brava madre, moglie devota, che ha rinunciato a una promettente carriera d’architetto per dedicarsi completamente alla famiglia, alla cura dei due figli ormai ventenni, alla conduzione della casa e all’amore per il marito (un medico cinquantenne, tutto dedito al servizio dei suoi tanti assistiti), si rende conto che per vent’anni ha rinunciato a se stessa, al suo lavoro e ad altri interessi e amicizie. Ora, i figli sono grandi e autonomi, il marito è diventato indifferente al suo non sopito desiderio d’amore. E allora tanto vale prendere in considerazione altre alternative, soprattutto per rispetto a se stessa. Un mattino si sveglia e non prepara più le colazioni, ormai son tutti grandi per arrangiarsi da soli. Si organizza una propria vita autonoma. Riprende la propria professione d’architetto, e se ne va. Per poco tempo, dice, per riflettere. A casa non capiscono. E, soprattutto, ora sì che loro devono badare in tutto: a se stessi, a mangiare, a vestirsi, ad accudire. Smarriti e senza più il loro domestico punto di riferimento. Impareranno a farcela da soli? Sarà una lezione utile alla loro crescita? Sarà un motivo per riconsiderare la presenza della loro madre e moglie, ora che tutto è finito? Ma sarà finito davvero?…
Un finale in allegria e con lacrimuccia, che lasceremo alla curiosità degli spettatori.
Del testo, intelligente e convincente, abbiam detto. La regia di Pignotta è condotta con mano sicura, anche se un po’ appesantita da tutti i cambi di scena (di Alessandro Chiti). Ma va bene così. Ci permettiamo un piccolo suggerimento: ci sono due momenti, in una scena conclusiva o preparatoria, in cui due personaggi fan finta di parlare. È dilettantesco. La finzione teatrale è sempre nociva, quando è evidente. O parli o stai zitto. E stare zitti, talvolta, è più eloquente che parlare. Mi ricordo di Benassi, tanti anni fa, nell’Allodola di Anouilh, cincischiava in silenzio una rosa, fuori scena. E tutti, affascinati, a guardare solo lui… Beh,lasciamo perdere.
Applausi felici alla fine, da spellarsi le mani (e, contenti e orgogliosi, anche i figli di Lorella Cuccarini, in platea).

“Non mi hai più detto ti amo”, scritto e diretto da Gabriele Pignotta. Con Lorella Cuccarini, Giampiero Ingrassia, Raffaella Camarda, Francesco Maria Conti e Fabrizio Corucci. Al Teatro Manzoni, Via Manzoni 42, Milano. Tel. 02. 7636901. Repliche fino a domenica 22.

Tounée

23 aprile, Villadossola, Teatro La Fabbrica;
26, San Severo, Teatro Comunale;
27/29 aprile, Bari, Teatro Team;
3/6 maggio, Torino, Teatro Alfieri;
7, Alba, Teatro Sociale;
9/20, Napoli, Diana;
21, Giffoni, Teatro Comunale,
22, Cassino, Teatro Manzoni.