E l’esile fanciulla coreana, Eun Sun Kim, eccola sul podio a dirigere Bohème. Con violenza inaudita da energumena

MILANO, domenica 5 marzo ► (di Carla Maria Casanova) Non occorreranno molte parole per la 24ma ripresa di Bohème di Puccini (e parlo solo della Scala) per un totale di 241 recite (+ le 8 di quest’anno se ho contato bene) avvenute nell’arco di 60 anni. Un record assoluto.
Questa Bohème “di” Zeffirelli, del quale si commemorano i 100 anni della nascita, esordì il 31 gennaio 1963 e fu subito trionfo. Tanto per dire, era diretta da Karajan e il cast comprendeva Mirella Freni, Gianni Raimondi (tenore eccelso mai abbastanza ricordato), Rolando Panerai, Eugenia Ratti, Ivo Vinco. Se lo spettacolo è immortale, purtroppo gli interpreti “vita immortal non hanno”. E si fa con quello che passa il convento.
Ieri sera alla Scala si è avuto un attimo di smarrimento (perpetrato però per tutta la durata della esecuzione) al primo colpo di bacchetta. Colpo nel senso che chi stava sul podio si è avventato sulla partitura generando un’accozzaglia di suoni di violenza inaudita, laddove i cantanti, per tutto il primo atto, a voglia sgolarsi. Impossibile farsi sentire, soverchiati da un’orchestra tonitruante. Poi si è scoperto che si tratta di una direttrice, la esile e delicata coreana Eun Sun Kim, la quale, forse proprio per sopperire al femmineo aspetto, ha creduto bene improvvisarsi in una sorta di energumeno. Non bene. Forse il nuovo glossario correct non permette più di dare informazioni intime, tipo precisare il sesso di una persona. Di solito il nome illumina ma qui no. Fatto sta che sul podio c’era una persona che dirigeva con estrema violenza. Fate un po’ voi.
Nelle 7 repliche che seguiranno si alterneranno vari interpreti. Ieri sera Mimi era Marina Rebeka, soprano lituano di prestigioso curriculum. Al suo fianco nomi meno noti (accuratamente celata la data di nascita), che si sono messi in valore negli ultimi anni anche in campo internazionale: Freddie de Tommaso (Rodolfo) tenore, vincitore del Concorso Placido Domingo e del Viñas di Barcellona; Luca Micheletti (Marcello)  baritono, debutto a Cagliari nel 2018 in Escamillo ma ha alle spalle un bel tirocinio con Ronconi, Orsini e Bellocchio come interprete di prosa, qualità che emergono anche nel suo ruolo di cantante; Irina Longu (Musetta) soprano che voci di corridoio volevano cagliaritana, mentre è russa, nata in Moldavia (ma la Moldavia non faceva parte della Romania? Almeno lo era quando ci sono stata io… qui i confini vanno e vengono e non si riesce più a stargli dietro), comunque la Longu si è perfezionata all’Accademia del Teatro alla Scala dove ha debuttato  giovanissima, nel Moise et Pharaon diretta da Riccardo Muti (2003); Alessio Arduini (Schaunard) baritono, si è fatto le ossa, cioè le corde vocali, cantando molto Mozart, con debutto nel  Don Giovanni, produzione del Pocket Opera, al Sociale di Como, poi ha calcato scene importanti, dalla Scala al Metropolitan, alla Royal Opera House al Maggio fiorentino; il coreano Jongmin Park (Colline) basso, formatosi all’Accademia della Scala. Dire che questo cast abbia riservato grandi emozioni è dire molto. Anche lo spettacolo, in 60 anni di rimaneggiamenti (la regìa di Zeffirelli è ripresa da Marco Gandini, gli originali costumi di Piero Tosi sono stati ripresi da Anna Biagiotti) non ha più la freschezza originale e comporta qualche licenza (quando mai Mimi entra al Café Momus con già in capo la “cuffietta rosa”? Rodolfo ha avuto il tempo di correre a comperarla ed omaggiarne Mimì, fin dalla la prima sera?).
Ma beninteso è una signora Bohème, con tutti i suoi 60 anni sul gobbo.
Teatro esaurito. Successo scontato (senza esagerazione).

Repliche: 7, 11, 14, 16, 19 (ore 14,30), 22, 26 (ore 14.30) marzo