È senza denti il “Lupo” di Martin Scorsese e Di Caprio

Leonardo Di Caprio in una scena del film “The Wolf of Wall Street” di Martin Scorsese

Leonardo Di Caprio in una scena del film “The Wolf of Wall Street” di Martin Scorsese

(di Paolo Calcagno) Scorsese e Di Caprio, consapevolmente senza freni, hanno messo il loro immenso talento al servizio del racconto dell’eccesso senza qualità e senza fascino. Dura ben tre ore “The Wolf of Wall Street” (Il lupo di Wall Street), candidato a 5 Oscar: film, regia, attore protagonista (Leonardo Di Caprio), attore non protagonista (Jonah Hill), sceneggiatura non originale tratta dall’autobiografia di Jordan Belfort ad opera di Terence Winter (creatore di “The Sopranos” e “Boardwalk Empire”). E sono tutte dedicate alla descrizione dei baccanali moderni dell’alta finanza di New York negli anni ’80 e ’90, quando Wall Street aveva poche regole e l’improvvisato broker Jordan Belfort si guardava bene dall’osservarle, mosso da un’avidità ultracompulsa che era l’unica fonte d’ispirazione nella sua corrotta manipolazione della Borsa e nel criminale rastrellamento di milioni (di dollari) a palate, a spese dei suoi clienti cui rifilava titoli di nessun valore.
Mi chiamo Jordan Belfort. L’anno in cui ho compiuto 26 anni, ho guadagnato 49 milioni di dollari, cosa che mi ha fatto incazzare, perché ne mancavano solo tre e avrei ottenuto una media di un milione a settimana“, si presenta così il personaggio interpretato da Leonardo Di Caprio nel “tasmania” cucito su misura e con al polso un Rolex “ordinario” da 12mila euro. Nel selvaggio West della finanza newyorchese Belfort fonda la società Stratton Oakmont, inventa il “pump and dump” (gonfia e sgonfia) con il suo squadrone di broker molto persuasivi, capaci di far salire le azioni a prezzi eccessivi e, subito dopo, farle crollare mandando in rovina gli investitori, si vanta dei bottini raccolti e s’impone all’attenzione dei media come un esempio di gangster moderno: la rivista Forbes lo definisce con evidente disprezzo “una sorta di Robin Hood che ruba ai ricchi per dare a se stesso”.
Ora, prima di finire scontatamente in carcere, lo scenario di truffe celebrate con festini quotidiani (anche, ma direi soprattutto, in ufficio) dove cocaina e crack vari venivano distribuiti a quintali e le orge animate da prostitute costosissime (naturalmente, scrupolosamente dichiarate in nota-spese) superavano ogni limite, non è che il nostro Jordan fosse un cow-boy romantico, a cavallo di torbide ambiguità per conquistare le “nuove frontiere” dell’esistenza. E per quanto Scorsese si sia sforzato di mostrare con riprese mirabolanti i sabba supercafonal di quel delinquente senza scrupoli e per quanto Di Caprio (presente in ogni sequenza del film) si arrampichi sugli specchi gigioneggiando a dismisura per donare il fascino della “simpatica canaglia” al personaggio, alla decima abbuffata orgiastica le battute divertenti della sceneggiatura di Winter (sono stati contati circa 600 “fuck”) non ci evitano l’assalto di una fastidiosa nausea e la triste perplessità di essere stati bidonati da un “lupo” che non morde, ricco di “peli” in barba ai risaputi “vizi”.
Attenzione, il nostro non è un giudizio di carattere moralistico nei confronti di un lestofante di piccolo cabotaggio esaltato come un “eroe” da commedia dark. Siamo ben consapevoli che i misfatti di Belfort si contano in un paio di centinaia di milioni di dollari: un’inezia se comparati alle rovine causate dalle grandi speculazioni dell’alta finanza, dai “junk bonds” alla “bolla” del Nasdaq della cosiddetta “new economy”, per non dimenticare il crollo miliardario dei “derivati” e dei mutui fino al terremoto della Banca Lehman, devastante per l’economia mondiale. Più che la difesa dei principi etici il rimprovero che indirizziamo a Scorsese e al suo alfiere Di Caprio è mosso dalla difesa del diritto a non essere annoiati e dalla sgradevole sorpresa di cogliere un grande regista chino a osservare compiaciuto, e certo anche divertito, dal buco della serratura il dramma dell’ascesa e della caduta dell’”edonismo reaganiano” e a raccontarcelo come se fosse “ubriaco” (e che Shakespeare ci perdoni).
“The Wolf of Wall Street”, regia di Martin Scorsese, con Leonardo Di Caprio, Jonah Hill, Matthew McConaughey. Stati Uniti, 2013.