Ecco, inventata da Puskin, com’è nata la leggendaria diceria del divino Mozart avvelenato per invidia dal mediocre Salieri

Mino Manni (Salieri) e Davide Lorenzo Palla (Mozart) all’Out Off in una scena di “Mozart e Salieri” da Puskin, regia di Alberto Oliva

MILANO. Mino Manni (Salieri) e Davide Lorenzo Palla (Mozart) all’Out Off in una scena di “Mozart e Salieri” da Puskin, regia di Alberto Oliva

MILANO, giovedì 19 febbraio   
(di Paolo A. Paganini) Se non fosse per l’abissale distanza di tempo e luogo, Puskin, in remota somiglianza, ci richiamerebbe il Boccaccio che narrò della gioiosa compagnia di dieci ragazzi e ragazze ritirati un una villa di campagna per fuggire alla peste nel 1348. E nacque il “Decameron”. Così l’irrequieto immaginifico poeta russo Aleksandr Puskin, nel 1830 (alla vigilia delle nozze con la frivola, bellissima e fatale Natalja, la sua “peste” personale), si ritirò nella tenuta paterna di Boldino, lontano da una epidemia di colera, e scrisse, tra l’altro, “Mozart e Salieri”, brevissimo dramma in versi, e “Il convitato di pietra” (e poi altri due microdrammi): “piccole tragedie”, le definì, ispirate a mortali passioni, l’invidia e il libertinaggio, l’invidia di Salieri per il genio mozartiano, che si concluderà con l’avvelenamento del genio di Salisburgo, e la lussuria del trasgressivo Don Giovanni, che finirà dannato trascinato agli inferi dalla Statua…
La leggendaria diceria dell’avvelenamento dell’odiato Mozart ad opera di Salieri, fu consacrata da Puskin (ma forse c’entrava la perfida lingua dello spregiudicato abate viterbese, licenzioso poeta satirico, Giovan Battista Casti, inviso sia alla corte di Pietroburgo sia alla corte di Vienna, che probabilmente mise in giro il malevolo pettegolezzo). Ma la vera maledizione venne più tardi, quando fu rilanciata da Peter Shaffer con il conosciutissimo dramma “Amadeus” (1979) e cinque anni dopo, nel 1984, da Milos Forman con lo strepitoso film tratto da Shaffer. E il povero Salieri, onesto, probo e innocente musicista, che non c’entrava niente con l’associazione a delinquere Puskin-Shaffer-Forman, ne fece le spese, pagando il pesante scotto di una desiata fama ottenuta da un’infamia. E poi, su questa tragica vicenda, ci han dato dentro tutti anche con memorabili allestimenti: Tullio Solenghi e Aldo Ottobrino (ai primi di gennaio di quest’anno), e prima ancora Barbareschi/Salieri secondo una “perfida” versione di Polanski, e Umberto Orsini e Giuseppe Cederna (1987), ed altri minori…
Ora il dramma della mediocrità contro il genio è stato preso in mano da Alberto Oliva, all’Out Off (Milano, Via Mac Mahon, 16). Il regista ha assegnato a Mino Manni il ruolo di Salieri e a Davide Lorenzo Palla quello di Mozart. Il merito di questo microdramma (un’ora tirata un po’ per le lunghe grazie ad alcuni brevi inserti, specie uno particolarmente pertinente di Dostoevskij, tratto dal “Grande Inquisitore) si segnala soprattutto perché, finalmente, è messo in scena l’archetipo di questo fantasioso avvelenamento, il testo di Puskin (quanto affascinante l’invenzione poetica rispetto alla realtà, tanto più che storicamente Mozart e Salieri, se non amiconi, certo erano buoni e rispettosi colleghi!). E, tolto qualche inevitabile richiamo formale, vengono giustamente ignorati sia Shaffer sia Forman.
Ecco dunque l’ignobile e bellissima leggenda di Puskin in scena, nuda e cruda. Emergono soprattutto due aspetti, uno filologico virato sul versante psicologico e l’altro più strettamente funzionale. Il primo si riferisce alla disperazione di Salieri, uomo di fede, criticamente cosciente di quell’invidia che lo danna, che pure accetta facendosi mano armata di una giustizia non solo terrena, contro un genio musicale assoluto e inarrivabile, ma anche uomo da poco, puerile e patetico (perché mai a Mozart, che non valeva niente, tanta dovizia divina, e a lui, Salieri, uomo virtuoso, solo le briciole del talento?). Il secondo aspetto riguarda le singolari e simboliche musiche originali di Ivan Bert, cotruite in dissonanze e sovrapposizioni armoniche, allusive all’anima disperata di Salieri, in contrasto con il divino tessuto musicale del “Flauto magico”…
Mino Manni è stato un Salieri cinico e fiero; Davide Lorenzo Palla un Mozart con qualche problema bipolare, eppure pateticamente tenero e commovente. Che bella la scena finale della morte, quasi una religiosa Deposizione in grembo a Salieri. Un particolare elogio all’affascinante e semplice scena di Francesca Barattini: cinque fasci elastici di pentagrammi in verticale, sui quali Mozart appiccica le varie note, ora lunghe ora brevi… Buona e convincente la regia di Oliva, che ha curato la drammaturgia insieme con Mino Manni, anche se qualche tempo troppo allentato andrebbe forse rettificato stringendo qualche bullone. Applausi di cordiale consenso alla fine per tutti. Repliche fino a domenica 8 marzo.

In occasione dello spettacolo si svolgeranno brevi incontri introduttivi rivolti al pubblico con esperti, docenti e musicisti. Il primo è stato di Fausto Malcovati, docente di lingua e letteratura russa all’Università di Milano.

I PROSSIMI INTERVENTI

Mercoledì 25 febbraio, alle 20.45 (prima dello spettacolo) Ambrogio Borsani “Scrittore, docente universitario”

Giovedì 26 febbraio, 20.45 (spettacolo a seguire) Riccardo Ceni. Musicologo, compositore, direttore d’orchestra.

Sabato 28 febbraio, 19.30 (spettacolo a seguire) Così san tutti! -Cabaret Mozartiano con: Gianfilippo Maria Falsina, Andrea Cazzato e il M. Brando Riccardo Spedicato.

Mercoledì 4 marzo, 20.45 (spettacolo a seguire) incontro con Giulia Accornero Musicologa.

Sabato 7 marzo, 20.45 (spettacolo a seguire) incontro con Ivan Bert e G.U.P. – Musica dal vivo