MILANO, giovedì 23 ottobre
(di Andrea Bisicchia) Tre versioni dell’Enrico IV non sono tante se le interpretazioni risultano diverse, del resto, quello che conta è il linguaggio della scena che, se ben “scritto”, conferma la sua autonomia rispetto al linguaggio del testo. Mentre Branciaroli stava per debuttare a Brescia, al teatro Litta, ne avevo visto una versione con la regia di Alberto Oliva che trovai interessante perché tutto era giustificato scenicamente: la riduzione dei personaggi, l’uso delle maschere che si ispiravano ai ritratti deformi di Bacon, il finale che evitava l’uccisione con la spada, bastando la parola. Anche Matteo Tarasco si è cimentato con Enrico IV, ma l’ha utilizzato per una riscrittura discutibile che allude al testo, ma che lo stravolge, trasferendo l’azione dal Castello al garage di una villa periferica.
A un attore come Franco Branciaroli non si poteva chiedere un’edizione che non rispettasse il testo, né tanto meno che lo riscrivesse. La sua interpretazione, al Piccolo Teatro Strehler (due ore e mezzo con un intervallo), è affidata all’idea scenografica di Margherita Palli, nella quale abbondano i cavalli, sia con gigantografie, sia con i cavallucci che si trovano nelle giostre dei bambini, su uno dei quali, Branciaroli-Enrico concluderà la sua avventura.
La caduta da cavallo è l’incidente che dà avvio alla tragedia e che giustifica la pazzia di Enrico, oltre che il suo stato di reclusione dal quale dovrebbe tirarlo fuori uno psichiatra (Antonio Zanoletti), che non somiglia né a Freud, né a Jung, ma soltanto a un medico chiamato dal figlio della sorella del “pazzo” col compito di tentare di guarirlo. Sulla nascita del testo io ho un’ipotesi ben precisa, che, in quanto tale, non va considerata una tesi, anche se poggia su una documentazione epistolare. L’ipotesi è questa: dopo il successo di “Il piacere dell’onestà”, Pirandello ritenne Ruggero Ruggeri il suo interprete ideale, dalla corrispondenza di quegli anni, veniamo a sapere delle continue richieste di traduzione di “La vita è sogno” da parte di Ruggeri che chiedeva un bravo ispanista. Pirandello faceva finta di interessarsi e tergiversava, nel frattempo, avendo letto il capolavoro di Calderon, a mio avviso, modellò il suo Enrico sul principe Sigismondo, anche lui rinchiuso in una torre del castello.
Non è la sede per indicare le varie corrispondenze, ma sicuramente l’immaginazione di Pirandello ne fu talmente colpita da creare, per il suo grande attore, un grande personaggio. Branciaroli non è certo da meno di Ruggeri, egli fa suo il personaggio, in maniera tale da trasformare gli altri in un vero e proprio coro, messo a servizio del suo exploit di attore. In questi casi, la regia non tende a dare delle interpretazioni inusuali, Branciaroli, con la Palli, ha pensato a uno spazio carico di metafore, nella prima parte, con rimandi alla carnevalata e alla metafisica di De Chirico per quanto riguarda le sghembe cornici, da dove emergono i fantasmi del passato, nella seconda, uno spazio bivalente, come il volto di Branciaroli, truccato da una parte e naturale nell’altra. Unica variante è quella di aver trasformato la follia in menzogna, dato che l’esistenza, non avendo un contenuto autentico, è tenuta in vita dalla menzogna. Teatro esaurito, grandi ovazioni per il protagonista.
“Enrico IV” di Pirandello, con Franco Branciaroli (anche regia). Scene e costumi di Margherita Palli. Piccolo Teatro Strehler, Largo Greppi 2, Milano. Repliche fino a domenica 2 novembre.
LE REPLICHE DI NOVEMBRE
Dal 4 al 9: Genova (Teatro della Corte) – 10/11: Piacenza (Teatro Municipale) – 13/14: La Spezia (Teatro Civico) – Dal 15 al 17: Novara (Teatro Coccia) – 19/20: Rovereto (Teatro Zandonai)– Dal 21 al 23: Pordenone (Teatro Verdi) – Dal 25 al 30: Verona (Teatro Nuovo).