Ecco l’Italia dei grandi fotografi stranieri. A Milano oltre 200 scatti raccontano 80 anni di storia. Nel bene e nel male

collage david seymourMILANO, giovedì 12 novembre ► (di Patrizia Pedrazzini) “Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento”. Di Henri Cartier-Bresson (1908-2004), pioniere francese del fotogiornalismo (tanto da meritarsi l’appellativo di “occhio del secolo”), nonché teorico dell’istante decisivo in fotografia (“L’unica cosa che voglio è fissare una frazione di secondo di realtà”), c’è ben poco da dire. Maestro o Genio che lo si preferisca chiamare, una mostra che “attacca” con le sue potenti immagini in bianco e nero può solo partire alla grande.
Esattamente quello che fa “Henri Cartier-Bresson e gli altri. I grandi fotografi e l’Italia”, al Palazzo della Ragione di Milano fino al 7 febbraio. Seconda, e ultima, parte dell’evento espositivo “Italia Inside Out”, avviato la primavera scorsa con una grande esposizione su come i grandi fotografi italiani hanno ritratto l’Italia del Novecento, la mostra si propone ora, analogamente, di illustrare come i molteplici aspetti – artistici, culturali, sociali, religiosi – del nostro Paese abbiano impressionato la pellicola dei grandi fotografi stranieri.
Il risultato è lo stesso della passata edizione: un grande, incontenibile calderone stracolmo di scatti, in bianco e nero e a colori, uno più bello dell’altro. Oltre 200 immagini, ottant’anni di storia (dell’Italia, ma anche, inevitabilmente, della Fotografia), trentacinque fotografi, sette sezioni. Perché Cartier-Bresson non è che l’inizio. Subito dopo c’è Robert Capa. E poi David Seymour. E Cuchi White, Herbert List, William Klein. E poteva mancare Sebastião Salgado? Le sue istantanee sulla fatica e sul mondo degli ultimi pescatori di tonni in Sicilia sono il racconto di un’epopea.
E poi ci sono tutti gli altri, che non è davvero possibile elencare. Da Helmut Newton con le sue “72 ore a Roma” alla Venezia magica di Alexey Titarenko, alla Milano onirica di Irene Kung. E ancora Venezia, ma questa volta inghiottita dalle acque, nelle immagini di Art Kane. E le dodici foto-schock di Michael Ackerman che ritraggono un eroinomane in un angolo marcio e desolato di Napoli. E tanto, tanto altro ancora. L’Italia della miseria, della tristezza e della disperazione, ma anche il Paese della grandezza, della gioia e dell’amore. Con le sue città, ognuna delle quali ha vita e caratteristiche proprie: in testa Venezia, naturalmente, ma anche Milano, Firenze, Roma, Napoli, Torino, Gibellina, Amalfi. Le spiagge dell’Adriatico e le cime impervie delle Dolomiti.
Non una mostra. Più mostre. Un percorso, come il precedente, destinato a visitatori, più che interessati, armati di grande passione. E di parecchio tempo. Perché ogni fotografo meriterebbe (molti degli scatti esposti sono autentiche icone della storia della fotografia) un’esposizione a sé. Mentre qui tutto appare “tanto” e “troppo”. Una quantità che, se da un lato risulta apprezzabile per l’opportunità che offre, di ammirare tanta bellezza in un’unica occasione, dall’altro rischia di soffocare il dovuto spazio, e il giusto respiro, che ognuno di questi Maestri merita. Nonché di accumularsi negli occhi e nella mente del visitatore, negandogli il legittimo piacere di ricordare con chiarezza, all’uscita, ciò che ha appena visto. Anche perché il Palazzo della Ragione non è il Louvre.

“Henri Cartier-Bresson e gli altri. I grandi fotografi e l’Italia”, Milano, Palazzo della Ragione, piazza Mercanti 1. Fino al 7 febbraio 2016
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