(di Marisa Marzelli) È il primo grande evento cinematografico di quest’anno sciagurato per ogni forma di aggregazione dal vivo. Il più recente e attesissimo film di Christopher Nolan, Tenet, ce l’ha fatta ad uscire in sala (almeno in alcuni Paesi, mentre nelle sale americane arriverà a settembre e solo in certe città). Il britannico Nolan ha tenuto duro, non ha accettato proiezioni sulle piattaforme digitali, e intanto la curiosità cresceva, alimentata da uno spasmodico battage promozionale.
Vedremo se Tenet (costato oltre 200 milioni di dollari) avrà la forza di riconciliare gli spettatori con la fruizione “di massa” nelle sale cinematografiche, dopo mesi di reclusione casalinga.
Ed eccolo, il gioiello annunciato.
In perfetto stile Nolan, al limite delle capacità di prestare attenzione e districarsi in un groviglio narrativo di indizi e depistaggi.
Scritto e diretto dallo stesso autore, Tenet è una spy-story che sconfina nella fantascienza.
A grandi linee la trama sembra relativamente semplice: c’è un agente segreto (John David Washington, figlio di Denzel, identificato solo come “il protagonista”), aiutato da un giovane collega (Robert Pattinson, già bel vampiro della saga Twilight), impegnato a salvare il mondo da un oligarca russo (Kenneth Banagh) intenzionato a distruggere l’umanità. Potrebbe scapparci la terza guerra mondiale. Il fatto è che, a differenza dei vari Bond ed epigoni, Washington deve muoversi tra piani temporali differenti, affrontando l’inversione temporale: il passato che interagisce con il presente, l’uno speculare all’altro. Insomma, un’interpretazione palindroma del tempo. Da qui tutta una serie di opportunità narrative, di dettagli da ricomporre come in un rompicapo, mentre l’azione procede frenetica e spettacolare.
La prima conseguenza è che lo spettatore (anche quello concentrato e attentissimo) non ce la fa a star dietro a tutto, gli sfugge sempre parecchio nell’arco di 150 minuti di proiezione. Quasi tutti si concentrano solo su alcuni elementi (possono essere i dettagli da incastrare o le azioni dei protagonisti, o i dialoghi) ma il quadro generale resta sfocato. Nessuno esce dalla sala senza convincersi che per capirci di più è necessario rivedere Tenet almeno una seconda volta.
Mi permetto di riferire un’esperienza personale: dopo la proiezione eravamo in otto a discutere del film e ognuno sottolineava qualche particolare visivo o frase di dialogo che agli altri erano sfuggiti.
Questo suo undicesimo è il film più ambizioso di Nolan, evoluzione coerente di tutta la sua poetica cinematografica (non poco cerebrale), nonché della sua maestosa capacità di filmare scene impossibili. Si ritrovano schegge, tra l’altro, di Memento (2000, su un uomo che ha perso la memoria a breve e tenta di ricostruirla per piccolissimi frammenti), The Prestige (2006, su come un prestigiatore inganni la percezione della realtà con i trucchi), Inception, (2010, sogni dentro altri sogni si mescolano alla realtà), Interstellar (2014, la terra sta morendo e alcuni scienziati viaggiano verso un cunicolo spazio-temporale nell’universo), Dunkirk (2017, spazio e tempo agiscono su un fatto reale come l’evacuazione di Dunkerque nella seconda Guerra Mondiale). E si ritrova “la mania” di Nolan di ammantare di spiegazioni scientifiche le imprevedibili evoluzioni della mente umana nell’interpretare e rendere visivamente i pensieri.
C’è tanto, troppo in Tenet (parola palindroma che suggerisce un flusso, un’interrelazione costante da una parte all’altra) e lo spettatore può anche interrogarsi se un regista abbia diritto di chiedergli tanto impegno e dedizione per tentare di capire un film. Sorge il dubbio che Nolan, com’era già successo a David Lynch, sia troppo avanti nell’esplorare il cervello umano perché il pubblico sia invogliato a seguirlo.
Ci si può anche chiedere: alla fine, un film così denso che cosa vuole dirci? Ce lo siamo chiesti, con i sette amici fermatisi a chiacchierare a fine proiezione (ma stavamo a distanza, formando un cerchio piuttosto ampio). Forse influenzati dalle mascherine impugnate o pendule attorno al collo, ci siamo detti che forse Nolan vuole informare l’umanità che l’Armageddon è già iniziato tempo fa. Ora dobbiamo combattere anche contro noi stessi del recente passato per cercare di disinnescarlo.
Non sarà una risposta esaustiva ma forse aiuta a decifrare la spettacolare sequenza iniziale d’azione dove in un teatro dell’opera in Cecenia, mentre gli orchestrali accordano gli strumenti, irrompe un commando terroristico e si vede il pubblico addormentato (o morto?) perché è stato diffuso in sala un gas. Se qualcuno ha buona memoria, si ricorderà del sequestro avvenuto in un teatro di Mosca nel 2002 da parte di un commando ceceno; le forze speciali russe introdussero dal sistema di ventilazione un agente chimico e ci furono oltre un centinaio di morti.
Ecco “Tenet”: spy story, fantascienza e Armageddon. Ma Nolan ha il diritto di chiedere tanta fatica per capire un film?
26 Agosto 2020 by