Ed ecco in teatro il barbiere ebreo del “Grande dittatore”, con Massimo Venturiello, meno Charlot e più Petrolini

26.11 collage chaplinMILANO, giovedì 26 novembre – (di Paolo A. Paganini) “Il grande dittatore” (1940) è stato il primo film sonoro di Chaplin: una parodia del nazifascismo, con un soffuso senso della profezia, mitigata da una speranza di ravvedimento dei dittatori. Un lieto fine in attesa dei tragici sviluppi d’un futuro inimmaginabile Racconta la storia d’un piccolo barbiere ebreo, scambiato per il dittatore Hynkel (leggasi Hitler) che sogna di conquistare il mondo. E, nelle vesti del dittatore, troviamo il barbiere sosia a pronunciare, alla vigilia dell’invasione dell’Ostria, un discorso d’amore, umanitario, intenso, appassionato, un inno alla pace universale.
Visto in Italia nel dopoguerra, ebbe grande successo, più per l’aspetto comico-farsesco che come satira politica. Memorabili le scene del mappamondo, l’incontro tra Hitler e Mussolini (chiamiamoli dunque così accettandone i chiari referenti) e il citato discorso umanitario. Anni dopo, Chaplin si rammaricò della propria inconsapevole ingenuità, di non aver minimamente immaginato quale immane tragedia la Germania stesse preparando, specie nei confronti degli ebrei. Di certo, non ne avrebbe fatto una farsa.
A settantacinque anni dall’uscita del film, “Il grande dittatore” ha avuto ora la sua prima trasposizione teatrale come commedia musicale, nell’adattamento di Massimo Venturiello. Ed eccolo dunque sul palcoscenico del Carcano. Il doppio ruolo che fu di Chaplin, cioè del barbiere ebreo e del dittatore della Tomania, è sostenuto da Venturiello, attore, regista, doppiatore, che qui ha firmato anche la regia con Giuseppe Martini. Al suo fianco Tosca, cantante e attrice anche di musical, in decennale sodalizio con Venturiello, e altri otto attori-cantanti.
Aggiungiamo, prima di entrare nello spirito di questo allestimento in due tempi (uno di un’ora e l’altro di 55 minuti), che le musiche sono di Germano Mazzocchetti, il quale ha creato un piacevole e ben amalgamato spartito di generi, che vanno da composizioni d’ispirazione yiddish a motivi di stampo brechtiano con rimandi a Kurt Weill, e, ancora, a più attuali accenni di foxtrot e di melodico all’italiana.
Va bene così.
Chaplin non sapeva come sarebbe andata a finire (in Europa eravamo in piena guerra quando scrisse e interpretò “Il grande dittatore”, ma l’America ancora ne era fuori). Noi, invece, sappiamo perfettamente come poi sono andate le cose, tra campi di sterminio, deportazioni, bombardamenti degli Alleati, morti, fame, miseria.
Venturiello, oggi, a posteriori, non avrebbe potuto avere l’ottimistica ingenuità del pacifista Chaplin. Ne ha quindi fatto un musical amaro senza la sottile vena poetica di Chaplin. E non c’è affatto la farsa, sostituita da siparietti di piacevole umorismo. L’incontro tra Hynkel (Hitler) e Napoloni (Mussolini) travolge in uno spasso di esplosiva verve comica e d’inflessioni romagnole, anche per l’utilizzo di una gonfia di cicciosi posticci Tosca, nella parte della signora Napoloni (che nel film in Italia non abbiamo visto, essendo stata tagliata dalla censura, dato che donna Rachele era ancora viva).
Altre scene sono di gusto variettistico o con il piacere di una satira retrospettiva, un po’ richiamandoci al Petrolini della satira di Nerone. Anche Venturiello ha un po’ di Petrolini: maschera tragicomica, occhi scavati, fanciullescamente stupiti, piacere linguistico per i farfugliamenti logico-futuristi. Manca naturalmente l’ingenuità di Charlot. Ma per fortuna Venturiello ci ha risparmiato la tentazione di farne un’imitazione o una caricatura. Ne fa un’interpretazione personalissima, che non ci ha sempre convinti, ma degna di rispetto. Più della satira emerge spesso una rassegnata seriosità, appena accennata in una smorfia di grottesco, con qualche corale concessione più all’operetta che al musical. Giusto così.
E non c’è da ridere troppo. La storia, tutto sommato, attraversa una tragedia del passato, di cui portano lividi e cicatrici ancora molti anziani. Questo fondo amaro sale spesso in superficie, procurando qualche disagio. Anche questo è giusto che sia così. Anche l’operetta può portare un suo contributo documentale.
Apprezzate le belle voci di tutti gli interpreti, specie di Tosca, voce dalle varie coloriture e tonalità. Ma anche gli altri interpreti-cantanti sono appropriati, anche se meno convincenti sul piano drammaturgico. Ma qui c’entra la regia, ch’è di maniera, con piccole inventive d’antiquariale comicità.
Pubblico più cordiale che entusiasta, ma grandi applausi alla fine per tutti.

“Il grande dittatore”, dal film di Charlie Chaplin. Adattamento di Massimo Venturiello, anche regia con Giuseppe Marini. Interpreti: Massimo Venturiello, Tosca, Laio Cibelli, Camillo Grassi, Franco Silvestri, Gigi Palla, Gennaro Cuomo, Nico Di Crescenzo, Pamela Scarponi, Alessandro Aiello. Al Teatro Carcano, Corso di Porta Romana 63, Milano. Repliche fino a domenica 6 dicembre.