(di Marisa Marzelli) Ancora cinefumetti. Ma questo offre, al momento, la fabbrica dei blockbuster statunitensi. Sugli schermi, i supereroi sono in fase di ripensamenti. S’interrogano sull’eccesso dei loro superpoteri Batman e Superman (Batman versus Superman), si schierano su due posizioni opposte gli Avengers (Captain America: Civil War) e anche i mutanti Charles Xavier e Magneto, capisquadra degli X-Men, non la pensano allo stesso modo. Il che non stupisce più di tanto perché il loro rapporto è da sempre conflittuale: da amici e alleati ad avversari, in un’altalena senza fine. Stavolta, in X-Men: Apocalisse sono sotto differenti bandiere, ma Magneto, più tormentato e vendicativo dell’ottimista Xavier, è dubbioso.
Per chi non bazzica il mondo degli eroi fumettari, i mutanti della casa editrice Marvel Comics (supereroi con un patrimonio genetico di singolari superpoteri, ognuno diverso, che devono imparare a controllare e utilizzare) rappresentano simbolicamente tutti i “diversi”. Cioè chi non è ben accetto, emarginato e temuto dalla società degli umani. Xavier (straordinario telepata in grado di leggere nelle menti altrui) ha fondato un’apposita scuola per mutanti, dove accoglie giovani dotati di svariate abilità. Così sono nate le avventure degli X-Men.
Al cinema, questo X-Men: Apocalisse si colloca come terzo film della seconda trilogia con un team di mutanti che interagiscono (la prima pellicola del franchise risale al 2000). Il personaggio della serie più originale e amato, con diritto a pellicole tutte per sé e altre dove è presente nel gruppo o compare in qualche cameo (nove in totale) è Wolverine, lo scorbutico eroe con artigli retrattili di adamantio, sempre interpretato da Hugh Jackman. In Apocalisse compare solo in una sequenza, ma tanto basta per entusiasmare i fan.
Diretto da Bryan Singer (già regista di altri capitoli e autore del thriller I soliti sospetti, diventato un cult) X-Men: Apocalisse è ambientato negli anni ’80, ancora in epoca di guerra fredda, e racconta del primo mutante della storia, quasi un semidio risalente all’epoca degli antichi faraoni, capace di amplificare i suoi poteri assorbendo quelli di altri mutanti. Rimasto per secoli intrappolato nel passato, quando si risveglia decide di annientare gli umani assoldando quattro cavalieri, tra cui Magneto (del quale si rinfrescheranno i ricordi di prigioniero in un lager nazista; va ricordato che il regista Singer è ebreo), per distruggere l’umanità, che invece i mutanti buoni guidati da Xavier intendono difendere. Il termine Apocalisse gioca sul nome del supercattivo e sui quattro cavalieri biblici. Ridotta all’osso, la trama è sempre la solita: buoni contro cattivi, posta in palio: la sopravvivenza del mondo.
Dato per scontato che gli effetti speciali sono superlativi, giocano su battaglie e distruzioni ma molto anche sulla trasformazione a vista dei singoli supereroi per sfoderare i loro poteri, il punto interessante mi sembra un altro.
Mai come in questo film di supereroi è evidente a livello visivo che ormai la mitologia pop del genere fantasy è diventata un unicum. C’è ibridazione tra saghe diverse (qui affiorano da Indiana Jones a Star Wars, da La Mummia ad Hunger Games) e ogni spunto di partenza si è aggrumato per creare un unico universo di riferimento fantastico. È l’estetica onnicomprensiva e aggregante di un postmodernismo diventato linguaggio. Nelle varie sotto-trame, più o meno sviluppate, non ci si limita più a semplici citazioni di questa o quell’altra saga, la narrazione scorre come un liquido racconto espanso dove affluiscono fantasticherie con le quali il pubblico è cresciuto, diventate memoria collettiva degli spettatori.
Una riflessione va fatta anche sui volti degli attori scelti per i blockbuster fantasy, che amplificano l’effetto passaggio ininterrotto da una saga all’altra. Ad esempio, nel caso degli X-Men, James MacAvoy (Xavier) e Michael Fassbender (Magneto) interpretano questi personaggi da giovani, mentre nei film in cui i protagonisti sono diventati anziani gli interpreti sono Patrick Stewart (già capitano dell’astronave Enterprise nella serie tv e poi cinematografica di fantascienza Star Trek) e Ian Mc Kellen (già mago Gandalf de Il signore degli Anelli). Anche Jennifer Lawrence (interprete della mutaforma Mystica) assume atteggiamenti e ruolo di leader che erano tipici della sua eroina Katniss Everdeen nella saga di Hunger Games. New entry, nel ruolo di una giovane mutante, la britannica Sophie Turner, che è uno dei personaggi principali (nel ruolo di Sansa Stark) della saga televisiva Il Trono di spade.
Ed ora, nel mondo degli eroi fumettari, si risveglia dal sonno dei secoli il primo mutante della storia, quasi un semidio
18 Maggio 2016 by