
“Nella solitudine dei campi di cotone”, di Bernard-Marie Koltès, regia Roberto Trifirò, con Stefano Cordella (a sinistra) e Michele Di Giacomo (foto Francesca Marta)
MILANO, martedì 13 febbraio ► (di Paolo A. Paganini) Bernard-Marie Koltès (1948-1989) scrisse 15 testi teatrali (non tutti compiuti), attraverso i quali privilegiò soprattutto la solitudine, quella della vita contemporanea, del razzismo, del diverso, dell’omosessuale, dell’emigrazione, dell’emarginato. Il paradosso e la speculazione socio-filosofica lo resero spesso di difficile ed equivoca acquisizione sul piano della teatralità, prestandosi a più piani di lettura, fedeli o iconoclasti che fossero.
La denuncia della violenza lo spinse spesso a una scrittura espressivamente violenta, talvolta patetica, spesso lirica. O straziante. Vedasi, per esempio (l’ultima sera del recente Festival di Sanremo) il monologo di Pierfrancesco Favino, tratto da “La notte poco prima della foresta”. Ha commosso milioni di telespettatori.
Ma fu “Dans la solitude des champs de coton”, che diede a Koltès fama internazionale. Soprattutto per merito di Patrice Chéreau, che allestì a Parigi quasi tutte le sue opere. Noi vedemmo “Dans la solitude” a Milano, nel 1985, nell’interpretazione di Patrice Chéreau, insieme con Pascale Greggory. Già allora la pièce di Koltès venne definita una sorta di delirio sulla ricerca impossibile del desiderio, la cui soddisfazione porta inevitabilmente o alla disperazione o alla solitudine.
Non per niente Chéreau, sul programma a stampa milanese, alludendo al desiderio, soprattutto nel suo anelito d’amore, di rifece a una frase allusiva di Jacques Lacan: “L’amour consiste à offrir quelque chose qu’on n’a pas à quelqu’un qui n’en veut pas” (L’amore consiste nell’offrire qualcosa che non si ha a qualcuno che non ne vuole). È il succo della tragica “Solitude des champs de coton”.
La vicenda narra dell’incontro notturno di due uomini che non si conoscono, un rivenditore (deal) e un cliente. Il primo chiede all’altro cosa voglia e glielo venderà, l’altro risponde che gli dica quello che ha e gli dirà quello che vuole. Su questo ipotetico scambio di richieste e di offerte sottaciute, su un crudo, talvolta chiaramente filosofeggiante, gioco di parole, si svolge il dramma di Koltès, che mette a fronte due uomini diffidenti e ostili fin dall’inizio, come un cane e un gatto (“Il n’y a pas de désir entre un chien et un chat“), tra i quali diventa sempre più esasperante l’impossibilità di un’intesa. Una specie di dialogo fra sordi. È impossibile l’intesa nel loro desiderio di vita, che forse li accomuna soltanto in un inconscio desiderio di morte.
Realizzare un simile testo è sempre opinabile. E perciò giustificato. Ciascuno ci ha sempre messo del suo, vedendo, in quel “désir”, l’oggetto d’un “desiderio”, così sfuggevole e ambiguo, che giustifica ogni presa di possesso critico, pur restando ferma e intoccabile la stupenda dimensione letteraria del copione.
Ora, al Teatro Out Off, ci ha messo mano e cuore Roberto Trifirò, che, in cinquanta minuti, condensa il significato dell’operazione su due chiari ed espliciti piani espressivi. Da un primo ingombrante grumo di una dolente e tacita omosessualità, che attende di sciogliersi in un comune desiderio di reciproca conoscenza, o soddisfazione, o amicizia, o complicità, si passa a una inconcilabile ostilità, chiara fin quasi da subito, che si palesa in violenza fisica, per contendersi – non si sa cosa- un diritto di compravendta (“deal” versus “cliente”, e viceversa), dove il desiderio di una impossibile felicità si esaspera in uno scontro mortale.
La visione di Trifirò è sostenuta dall’interpretazione, intensa e generosa, di Stefano Cordella e Michele Di Giacomo, che trovano, nella dinamica della fisicità e della violenza, una schiacciante espressività che sembra credere poco nella potenza del testo di Koltès. Ma, come si diceva, tutto è opinabile. E, con un teatro di parola, tutto diventa possibile quando si vuol rendere esplicita qualsiasi ipotesi di sottotesto.
Applausi di calorosa partecipazione per tutti alla fine. Si replica fino a domenica 4 marzo.