Eros Pagni, boss della camorra napoletana. In difesa dei più deboli, vittime dell’ignoranza. Contro la violenza dei più forti

8.2.16 sindaco rioneMILANO, martedì 9 febbraio(di Paolo A. Paganini) – Alcune battute emblematiche del “Sindaco del Rione Sanità”:
– Abbiamo rischiato la galera milioni di volte, per agevolare una classe di uomini spregevole e abietta, la vera piaga di una società costituita…
“La vera vittima, volete dire.”
– Vittima?
“E’ naturale. Perché si tratta di gente ignorante, e la società mette a frutto l’ignoranza di questa gente… Sui delitti e sui reati che commettono gli ignoranti si muove e vive l’intera macchina mangereccia della società costituita…”
Queste poche battute, da un contesto di più ampio respiro, son quasi una lectio magistralis sulla cattedra dell’etica camorrista: fare giustizia là dove lo Stato, incancrenito dalla corruzione e dal marcio burocratico, si rivela impotente…
Avvengono tra Don Antonio Barracano, capo della camorra napoletana, facitore di pacificazioni e paternalistico elargitore di giustizia nel Rione Sanità, e il medico, il “Professore”, che da trent’anni, in casa Barracano, è ormai stanco “di aggiustare teste, ricucire pance, estrarre proiettili da gambe, braccia, spalle…”.
Qui c’è tutta la filosofia, la personale concezione della legge del “Sindaco del Rione Sanità”, commedia in tre atti di Eduardo De Filippo, in scena al Teatro Elfo Puccini (primo atto un’ora; secondo atto più terzo atto un’ora e trenta).
Questa commedia, tra le più alte, solenni e inquietanti di Eduardo, è del 1960. Mi ha accompagnato tutta la vita. La vidi nel 1961, interpretata dallo stesso Eduardo. Allora pensai: è un classico, è universale, in ogni tempo e paese… Nell’ingresso finale di Don Antonio, nella stanza dove tutti stanno banchettando (ora, nella bella e rispettosa regia di Marco Sciaccaluga, pur fedele al testo, è stata scenicamente modificata), la sua tragica morte – nel fervore giovanile di tanti anni fa – la paragonai alla morte di Socrate… Così la vidi io. E così la rividi più tardi nell’interpretazione di Turi Ferro, regia di Antonio Calenda, nell’87, che l’ambientò in Sicilia, mutando la camorra in mafia; e così la rividi nel 2009 con Carlo Giuffrè. Ma senza più provare le forti emozioni di quel tempo antico. Fino ad ora.
All’Elfo è interpretata da Eros Pagni, che non ha le dolenti finezze di Eduardo, ma le svagate, ironiche grandezze di un senso della giustizia pietosamente umana e comprensiva, pur portandosi addosso i dolorosi presagi della fine di un’epoca e sapendo che ha avuto il sopravvento la fetenzia del genere umano. Eppur sempre sperando, indomato visionario, in un un domani quando “il mondo sarà meno rotondo e un poco più quadrato…
Alla fine, lo stanco, fedele e disincantato dottore, disubbidendo per la prima volta al suo amico, si rifiuterà di stilare un falso atto di morte come collasso cardiaco, registrando e denunciando la verità: morte per ferita da taglio… E per “i figli di don Antonio, i parenti di don Arturo, i compari, i comparielli, gli amici, i protettori: una carneficna, una guerra fino alla distruzione totale. Meglio così. Può darsi che da questa distruzione viene fuori un mondo come lo sognava il povero don Antonio, meno rotondo ma un poco più quadrato“.
Oggi sappiamo che non sarà così.
Con un incommensurabile Eros Pagni, che recita in lingua, mentre gli altri quattordici interpreti, tutti encomiabili, in un impasto di musicale bellezza, recitano in lingua partenopea, lo spettacolo, con qualche lieve licenza veniale (l’inizio e la fine, e, in inoltre avere trasferito l’azione nel 1970!), ha momenti di esaltante bellezza. Da segnalare, almeno, l’intensa presenza di Federico Vanni nel ruolo del Dottore, personificazione della verità versus la concezione di giustizia di don Antonio.
Ripetuti applausi e chiamate alla fine per tutti. Da non perdere.

“Il sindaco del Rione Sanità”, di Eduardo De Filippo, regia Marco Sciaccaluga, con Eros Pagni, Maria Basile Scarpetta, Federico Vanni, Gennaro Apicella, Massimo Cagnina, Angela Ciaburri, Orlando Cinque, Gino De Luca, Federica Granata, Cecilia Lupoli , Rosario Giglio, Luca Iervolino, Marco Montecatino, Gennaro Piccirillo, Pietro Tammaro. Scene Guido Fiorato, costumi Zaira de Vincentiis, musiche Andrea Nicolini. produzione Teatro Stabile di Genova – Teatro Stabile di Napoli. All’Elfo Puccini, c.so Buenos Aires 33, Milano – Repliche fino a domenica 14. www.elfo.org