Esodo. Ieri e oggi. Povere anime in lutto o disperse. E che fine ha fatto l’anima dell’Europa? E il mito dell’integrazione?

(di Andrea Bisicchia) Costruito su un continuo dialogo con filosofi, storici, etnografi, antropologi, psicanalisti, il lavoro di Fabrice Olivier Dubosc: “Approdi e naufragi. Resistenza culturale e lavoro del lutto”, Moretti & Vitali, propone al lettore una serie di riflessioni su un problema dominante, quello dell’Esodo, declinato in una moltitudine di forme, da quelle antiche a quelle dei giorni nostri. Ogni esodo ha le sue perdite e, quindi, i suoi lutti, la cui elaborazione comporta una serie di considerazioni e di immaginazioni che riguardano la sepoltura, il dialogo con i morti, la trasmissione della memoria.
Seguendo le tracce di Jung, Benjamin, Corbin, Agamben, Turner, Fornari, l’autore esplora, non solo le anime di chi è in cerca di integrazione in terre non sue, ma anche l’anima dell’Europa, soffocata da una crisi perturbante, nutrita di “passioni tristi” che hanno alimentato risentimenti e populismi esasperati.
La tradizione a cui Dubosc fa riferimento è quella della psicostorica e psicopolitica, già esplorata da Franco Fornari, come dire che il procedimento analitico non è da applicare soltanto alle persone che vivono l’erranza in maniera patologica, ma anche a chi la gestisce, analisi che richiede delle cure adeguate per superare il transito da una situazione paranoica, che coinvolge anche le istituzioni, ad una prassi di normalità. Anche la Storia prospetta sintomi clinici che richiedono interventi oculati.
All’autore, però, non interessa soltanto l’elaborazione paranoica di queste entità, bensì, soprattutto, quella del lutto che ne è la conseguenza. Non mancano i riferimenti a Ernesto De Martino e alla sua idea di elaborare culturalmente il lutto nella forma socialmente codificata del rito. Le cose che, però, interessano a Dubosc sono i sintomi, i traumi, il perturbante, che caratterizzano l’elaborazione del lutto, gli aspetti immaginativi, oltre che la dimensione onirica. Ogni fine, o finale di partita, comporta un principio e viceversa, allo stesso modo, ogni era nuova che si affaccia ha bisogno di nuovi campi simbolici, oltre che della costruzione di nuovi miti, quelli che Barthes individuava nei “miti d’oggi”. I miti a cui l’autore fa riferimento sono quelli di integrazione, i soli che possono proteggere le differenze, perché capaci di costruire ponti sugli abissi immaginari, tanto che, alla perdita della dimensione immaginativa, corrisponderebbe il rischio di generare indifferenza.
Per Dubosc, è indispensabile abbattere le frontiere interiori, intervenire sulle ingiustizie della storia, fare in modo che Mythos e Logos tornino a incontrarsi. Tutto questo non sarà sufficiente se, di fronte all’emergenza del “Grande Esodo”, non si ritrovano i fondamenti narrativi di una identità europea che sappia affrontare l’emergenza con dignità e con quelle pratiche di solidarietà che ha utilizzato dinanzi a terremoti e tsunami, con una dimensione del sentire capace di attingere a un Ethos che permetta anche alla pratica analitica di superare i traumi delle vittime della storia.

Fabrice Olivier Dubosc, “Approdi e naufragi – Resistenza culturale e lavoro del lutto – Tracce per una psicologia post-coloniale” – Moretti & Vitali 2016 – pp 294 – € 22.