(di Andrea Bisicchia) – La fortuna di Jean Anouilh (1910-1987), in Italia, non ha riscosso quell’interesse continuativo che l’autore francese avrebbe meritato. Se ne occuparono, mentre i suoi testi facevano molto discutere in Francia, Luchino Visconti, che mise in scena “Antigone” (1945) ed “Euridice” (1947), Renzo Ricci, “Viaggiatore senza bagaglio” (1947), traduzione di Cesare Vico Ludovici, Vittorio Gassman, traduttore e regista di “Ornifle” (1957), Alessandro Fersen, traduttore e regista di “Colombe”, Luigi Squarzina, traduttore e regista di ”L’Hurluberlu, ovvero il reazionario innamorato” (1959) e “Ornifle“, traduzione Tullio Kezich, con uno strepitoso Alberto Lionello (1983), “Non svegliate la signora”, nella versione di Giorgio Prosperi, con Domenico Modugno.
Non mancarono alcune edizioni televisive: “Leocadia” (1958), “L’appuntamento di Senils” (1960), “L’Allodola” (1973).
Seguirà successivamente un lungo silenzio, interrotto nel 1982 dalla messinscena dell’ultima sua commedia, “L’ombelico”, con la traduzione e regia di Andrée Ruth Shammah, che lo liberò dalle figure “anouilhiennes”, avendo come protagonisti Franco Parenti e Lucilla Morlacchi, ennesima riproposta di una famiglia da intendere come un groviglio di vipere. Non per nulla, al centro dell’azione, troviamo uno scrittore di drammi che soffre di problemi cardiaci, piuttosto gravi e che vede la moglie, i figli, l’amante, l’amico fidato aspirare alla sua eredità.
In quella occasione, chiesi alla Gasparro un intervento sul testo, che fu pubblicato sul libretto di sala, e all’ingegner Pellegrino di allestire una mostra, in teatro, con tutti i documenti che per lunghi anni aveva raccolto, essendo un appassionato del Teatro di Anouilh.
Anche a livello editoriale non si registrano notevoli pubblicazioni. La rivista Sipario tra il 1946 e il 1964 pubblicherà i testi che avevano debuttato a Parigi, con le traduzioni che furono a base delle trasposizioni sceniche e che verranno raccolte successivamente nei due volumi pubblicati da Bompiani, con i titoli abbastanza noti “Commedie rosa e nere” (1961), “Commedie amare e in costume” (1966). Nel 1974, Rusconi pubblicò “Diario pubblico”, mentre nel 1977 Rosalba Gasparro darà alle stampe, nella preziosa collana “Biblioteca di Cultura” della Nuova Italia, “Jean Anouilh. Il gioco come ambizione formale”, con introduzione di Ruggero Jacobbi e con la pubblicazione della loro corrispondenza.
Preambolo doveroso, dovuto al lettore, per parlare del libro di Eva Marinai, pubblicato da Titivillus, “Il tragico quotidiano. Jean Anouilh, mito e teatro fra le due guerre”, uno studio importante e indispensabile per capire fino a che punto Anouilh debba essere considerato un autore al pari di Giraudoux, Gide, Sartre e magari capire meglio quanto le sue letture di Moliere o di Pirandello abbiano influito nella sua ricerca formale.
Il volume è diviso in tre parti, con titoli abbastanza significativi: “Tempo”, “Azione”, “Luogo”, quest’ultimo affidato a Carlo Titomanlio. Il tempo è quello “dell’infinito presente del mito”, del suo lento trasformarsi in genere tragico, di cui la Marinai esplora tutte le declinazioni, per capire fino a che punto abbia interessato e coinvolto molti drammaturghi, non solo francesi, tra le due guerre, quando la crisi fu talmente acuta da far ritenere indispensabile il ritorno alle origini e, pertanto, a fare dialogare i classici con la modernità, nel momento in cui, il tragico, non avendo più bisogno di gesti eroici, a causa della smarrimento sociale ed esistenziale, si era trasformato in “tragico quotidiano”. Testi come l’“Orfeo” e “La macchina infernale” di Cocteau, “Edipo” di Gide, “La guerra di Troia non si farà” di Giraudoux, “Antigone” ed “Euridice” di Anouilh, sono la dimostrazione di come eroi ed eroine del mito abbiano trovato vitalità sulle scene del teatro del primo Novecento francese, fenomeno che non si esaurisce, dato che, sia Sartre con “Le mosche” e “Le troiane”, che Marguerite Yourcenar, con “Elettra”, continueranno ad esplorare il passato per ricercarvi il presente.
Il successo dell’“Antigone” di Anouilh fu immediato e internazionale, la sua ribellione contro Creonte fu letta come una rivincita nei confronti di ogni potere oppressivo e la crudeltà degli uomini in tempo di guerra.
Gli autori non si trovavano da soli, con loro c’erano Juvet, Baty, Barsacq, Dullin, Pitoeff, c’erano, anche, i membri del Cartel, uomini “d’azione”, insomma, in cerca di una forma di teatralizzazione, oltre che di demitizzazione, c’erano inoltre i grandi temi della colpa, del rimorso, della ribellione, del destino, visti però non attraverso l’assolutezza della tragedia, ma attraverso il relativismo del tragico.
Accompagnandoci nel tragico quotidiano, Eva Marinai si sofferma sulla analisi di quelli che vengono considerati i capolavori di Anouilh, lasciando a Carlo Titomanlio il compito di raccontarci i luoghi teatrali, quelli che chiama “I punti cardinali” di Parigi, dove venivano rappresentate le pièce di Anouilh.
Il volume contiene una notevole iconografia, con riferimento alle “Prime” e una aggiornatissima bibliografia.
Forse è arrivato il momento di rivedere qualche commedia di Anouilh sui palcoscenici italiani.
Eva Marinai, “IL TRAGICO QUOTIDIANO. JEAN ANOUILH, MITO E TEATRO A PARIGI FRA LE DUE GUERRE”, Titivillus Editore 2023, pp. 236, € 18