Fantasy d’ambiente medievale, ma l’appeal s’è perso. Il pubblico forse s’è stancato di maghi draghi streghe e orchi

settimo-figlio-banner(di Marisa Marzelli) Si sa che, trovato un filone vincente, l’industria del cinema lo addenta sino a spolparlo senza pietà, riproponendo storie in fotocopia o quasi. Nel caso specifico stiamo parlando del fantasy per spettatori “giovani adulti”. Ormai si avvertono nel pubblico segni di stanchezza, anche se i vari Hunger Games e Divergent reggono ancora bene, forse perché con avventure proiettate nel futuro e non nel passato. La più recente vittima di questa perdita di appeal è stato, in America, Il settimo figlio, fantasy di ambientazione medievale. Disertato dal pubblico e snobbato da critici ormai stanchi di maghi, streghe, draghi, orchi ed epiche battaglie che hanno già fatto la fortuna di saghe cinematografiche e di numerose serie televisive. Il suo peccato non è solo di arrivare tardi, a mercato ormai saturo. Il settimo figlio (con un ricco budget di quasi cento milioni di dollari) è rimasto anche vittima di disavventure finanziarie produttive e distributive che hanno alterato un progetto imbastito (secondo copione) su una serie letteraria di un certo successo, intitolata Wardstone Chronicles, scritta dall’inglese Joseph Delaney e giunta al 13. volume.
Il film è tratto dal primo libro, L’apprendista del mago (pubblicato in italiano da Mondadori). Protagonisti due star del calibro di Jeff Bridges (il mago Gregory) e Julianne Moore (la strega Madre Malkin); con scenografie del Premio Oscar Dante Ferretti. Probabilmente l’intenzione produttiva era, in caso di successo, di proseguire con vari sequel. Il prodotto però si appiattisce su un più volte déjà vu. Per raccontare del mago Gregory che, dopo aver imprigionato anni prima la vendicativa strega Malkin, capace di trasformarsi in drago,  torna a combatterla perché si sta avvicinando il tempo della Luna di sangue che ne ingigantisce i poteri malefici. Per sconfiggerla, il mago deve cercare un apprendista che lo aiuti e che sia il settimo figlio di un settimo figlio, il che pare accresca i poteri magici. Trovato l’apprendista (Ben Barnes, già principe Caspian in due film della serie per ragazzi Le cronache di Narnia), bisogna addestrarlo in fretta. Il giovane dovrà superare varie e pericolose prove per essere all’altezza di sconfiggere le forze del male.
Come si nota, la trama è lineare ed è il classico percorso di formazione verso l’età adulta. Quel che manca è una dimensione epica del racconto, insieme ad una scarsa se non assente caratterizzazione dei personaggi femminili, mancanza che dà al plot un’impronta fastidiosamente misogina, sebbene involontaria. Anche il fosco scenario da medioevo, con streghe da bruciare e foreste popolate di mostri e creature bizzarre, propone dal punto di vista visivo situazioni canoniche e a volte meccanicamente ripetitive. Mentre il tentativo di inserire una leggera vena autoironica si esaurisce presto. Il regista russo Sergej Bodrov (già candidato all’Oscar per il miglior film straniero con Mongol, sulla giovinezza del futuro Gengis Khan) si concede solo qualche pennellata di gusto orientale tra gli elementi di contorno.
Meglio allora, invece che concentrarsi sulla trama, godersi (per quel che è possibile) la performance dei due antagonisti. Jeff Bridges nel ruolo dello scontroso mago, si diverte a trasformare il personaggio in una sorta di vecchietto da film western, sempre con la fiaschetta di liquore in mano e lesto ad entrare nella prima taverna incontrata lungo il cammino. Di Julianne Moore (è probabile che tra pochi giorni sarà lei ad alzare vittoriosa l’Oscar per la toccante interpretazione di una malata di Alzheimer precoce in Still Alice) si apprezza la grande versatilità.