
Gigio Alberti, Fiorella Rubino, Antonello Fassari, Giorgio Pasotti, i quattro interpreti di “Il metodo”, di Jordi Galceran, in scena al Manzoni di Milano, con la regia di Lorenzo Lavia.
MILANO, venerdì 6 maggio ► (di Emanuela Dini) Sarcastico e feroce, “Il Metodo”, del commediografo catalano Jordi Galceran, risale al 2003 e in Italia era già andato in scena nel 2007 (a Milano, al Teatro Franco Parenti) con Tony Laudadio, Enrico Iannello e Nicoletta Braschi.
Ora torna sul palcoscenico del Teatro Manzoni con la regia di Lorenzo Lavia e un affiatatissimo quartetto di attori: Giorgio Pasotti, Gigio Alberti, Fiorella Rubino e Antonello Fassari.
La storia racconta del perfido gioco al massacro in cui sono coinvolti quattro personaggi, quattro aspiranti candidati a un incarico di manager di una importante multinazionale svedese. Uno solo otterrà il posto. I quattro sono rinchiusi in una stanza algida e comunicano con “loro” – cioè con i dirigenti- solo attraverso un impianto di posta pneumatica con tanto di bussolotti che contengono messaggi e compiti che i quattro devono di volta in volta superare per avanzare nella selezione.
E subito comincia il gioco tra realtà e finzione, tra la vera identità di candidati e la maschera che indossano per potersi agguantare il tanto agognato posto da manager, in uno spietato gioco delle parti dove nessuno è quello che sembra e dove ciascuno nasconde un’identità inaspettata.
Ammesso che sia davvero un’identità nascosta e non solo uno stratagemma.
Con una sarcastica presa in giro dei metodi “creativi” della selezione del personale e un’amara analisi di quanto si sia disposti a scendere in basso e dimenticare valori e umanità pur di fregare i concorrenti a un unico posto di lavoro, il testo procede feroce e serrato, con un continuo ribaltamento della “verità” – obbligatorie le virgolette – e un inanellamento di colpi di scena.
Una sequela di situazioni vivaci e con spunti spesso anche divertenti – mirabile il torero di Gigio Alberti – che ti spiazza ogni due per tre e ti tiene inchiodato alla poltrona. Credevi di aver capito, cominciavi a parteggiare e provare simpatia o antipatia per uno dei quattro personaggi e bastano un paio di battute, una finta telefonata, un bigliettino nascosto in tasca a ribaltare la situazione. Dov’è la verità? Chi mente e chi è sincero? Chi è il più carogna di quattro? E chi è il candidato ideale per l’azienda: un uomo perbene che sembra un figlio di puttana, o un figlio di puttana che sembra un uomo perbene?
Quasi un thriller ad alta tensione che si snoda per poco meno di due ore di spettacolo senza intervallo e che mette a nudo la crudeltà che si annida nei posti di lavoro, anzi, ancor prima, nella giungla della corsa a un posto di lavoro. E con un finale che…..no, non lo sveliamo.
«Ho voluto illustrare “Il Metodo” come archetipo di una società che cerca sempre di sapere chi siamo, per poterci meglio controllare, che costringe gli uomini a umiliarsi per poter entrare in una comunità globale sempre più spersonalizzata», ha spiegato il regista Lorenzo Lavia.
E la globalizzazione spersonalizzante delle nuove dinamiche del lavoro non poteva essere resa meglio – nella scena fissa e illuminata al neon, nei tubi trasparenti della posta pneumatica, nei bussolotti che trasmettono i messaggi delle nuove divinità: i manager – e raccontata da una commedia la cui visione andrebbe prescritta come obbligatoria negli uffici di selezione del personale e responsabili delle Risorse Umane. Per farli riflettere e – forse – vergognare un po’.
Teatro zeppo, applausi anche a scena aperta.
“Il Metodo”, di Jordi Galceran, regia Lorenzo Lavia. Con Giorgio Pasotti, Fiorella Rubino, Gigio Alberti, Antonello Fassari. Al Teatro Manzoni, via Manzoni 42, Milano. Repliche fino a domenica 22.