“Fidelio” alla Scala: mostruosa organizzazione audio/video per dirette in ogni dove. E finalmente tutto funziona

collage scala 2MILANO, lunedì 8 dicembre   
(di Carla Maria Casanova) A quest’ora tutti sanno già tutto. Mai come quest’anno la tecnologia è entrata in campo per diffondere l’evento: cioè la inaugurazione della stagione lirica della Scala avvenuta con il Fidelio di Ludwig van Beethoven. A partire dalle 17.30, collegamenti cittadini in diretta su maxi schermi per ogni dove, collegamento in esclusiva su Rai5, Rai HD e Radio3. Ripresa audio e video dello spettacolo con 10 telecamere in alta definizione, due microcamere sulla scena e 60 microfoni per la trasmissione stereofonica in radio e in TV.
Si sa che ci sono state contestazioni. Cioè, lo sanno quelli che erano fuori del teatro. Dentro, tutto calmo.
È arrivata tardi Valeria Marini, sempre altissima (cresciuta?) con abito di pizzo trasparente fin dove è possibile e atteggiamenti e frasi che uno si domanda “Ma sarà vera o finta?” Non è chiaro se abbia seguito lo spettacolo o se sia rimasta nel foyer.
Accompagnata dal gigantesco figlio Francesco, era Carla Fracci, sempre romanticamente vestita di velluti, broccati, pizzi rigorosamente bianchi… E con una certa grinta che lasciava trasparire qualche aggressiva intenzione. Infatti,  aveva qualcosa sul cuore per via del Corpo di ballo dell’Opera di Roma, di cui non è stata confermata Direttore. E la Carlina non è una che le manda a dire.
Sala quasi esaurita. (Il Fidelio di Beethoven, con inizio alle 18: non si può sperare di più). Nuova e particolare la decorazione floreale, tutta concentrata sul palco centrale. Cinque minuti di ritardo (!) per il primo colpo di bacchetta. Inaspettatamente, è stato per l’Inno nazionale, che, da protocollo, si esegue solo in presenza del capo dello Stato. Ma qui, nel palco centrale c’era il presidente del Senato, la più alta carica dopo quella del presidente della Repubblica. Per chi (come me) si reca alle manifestazioni ufficiali (soprattutto) per sentire l’Inno nazionale, è stata una piacevolissima sorpresa.
Il maestro Barenboim, accolto da fragorosi applausi, ha subito dato segno di volere procedere con piglio energico. Forse troppo, han detto in tanti.
E lei, Anja Kampe, che già nel personaggio di Senta (Olandese volante, 2013) era parsa “un po’ stanchina”, qui ci ha dato dentro senza troppi riguardi. Insomma, urlava.
Il tenore Klaus Florian Vogh, parte brevissima ma intensa, ha convinto di più.
Ha convinto immensamente il basso Kwangchul Youn nei panni di Rocco.
Insomma, l’edizione musicale, contro ogni previsione, poteva essere migliore anche se il pubblico ha applaudito forsennatamente, perché “Barenboim in Beethoven e Wagner, un dio!”. O forse perché era l’ultima grande apparizione del maestro argentino alla Scala. Chissà perché, ma la coppia uscente Barenboim/Lissner non ha vinto l’Oscar della simpatia. Per Alexander Pereira, sovraintendente entrante, con la sua sfolgorante compagna Renata, è stato un bell’inizio.
Lo spettacolo da vedere è bello, dignitoso, forte e ben articolato anche se sono due atti intorno, e dentro, un carcere di massima sicurezza.
Tutto funziona, come si era ripromessa la regista Deborah Warner, “come un vero dramma shakespeariano e intenso come un quadro di Goya”. Non si sa se sia riuscita anche nel secondo intento, vale a dire che il pubblico, uscendo, si domandasse “Cosa significa oggi il concetto di libertà? Quale è il significato di giustizia? Quale è il potere dell’amore?”
Il pubblico (400 invitati scelti), si è soprattutto recato tutto giulivo alla gran cena di gala alla Società del Giardino, dove ha degustato un raffinatissimo pasto a lume di candela. All’uscita, ai signori la copia omaggio della tradizionale strenna degli Amici della Scala, quest’anno il preziosissimo libro su Lila de Nobili, alle signore un cofanetto “Gran Riserva”. Cognac? Vino millesimato? No: una piccola confezione sottovuoto di Riso Gallo. Con i tempi che corrono, meglio andar sul pratico.