(di Andrea Bisicchia) Esiste una vasta letteratura sul tempo, concepito, ora come categoria filosofica, ora come categoria scientifica, così complessa da suggerire una serie di domande: “Che cos’è il tempo?”, “Dove si trova il tempo?”, “Quali sono le origini del tempo?”, “Come si comporta il tempo?”. Le risposte ci sono state date, oltre che da filosofi e scienziati, anche da cosmologi e teologi, con molteplici differenze, dovute al campo delle ricerche e delle specificità. Per fare un esempio, Bergson concepiva il tempo come una dimensione della coscienza, Kant lo riteneva una condizione a-priori della nostra capacità di rappresentarci le cose. Agostino, alla domanda su “Che cos’è il tempo’”, rispondeva: “Se nessuno me lo chiede, lo so bene. Ma se dovessi spiegarlo a chi me lo domanda, non lo saprei” (Confessioni, XI, 14), la cui risposta non la considero molto diversa da quella data da Einstein, il quale ammise che, quando Dio creò il mondo, l’ultima sua preoccupazione fu di crearlo in maniera tale che noi lo comprendessimo.
Nel volume “Dove va il tempo che passa. Fisica, filosofia e vita quotidiana”, Il Mulino, che riporta come titolo la domanda che Einstein rivolse a Kurt Godel, il matematico Werner Kinnebrock, in dieci brevi, ma intensi capitoli, cerca di spiegarci i paradossi, le contraddittorietà, le irrazionalità che contraddistinguono il concetto di tempo, oltre che certe sue strutture elementari come: la velocità, lo scorrere, la divisibilità, che sono tali da coinvolgere il nostro presente, il passato e il futuro che, ancora, secondo Agostino, non esistono, perché, a suo avviso,non ci spostiamo mai da un eterno presente, da una condizione assoluta del tempo, accettata anche da Newton, al quale si contrappose Einstein, con la sua teoria della relatività.
Kinnebrock mette a confronto una serie di possibili ipotesi, convinto che il tempo dipenda dal movimento, dato che non scorre sempre alla stessa maniera, tanto che misurarlo diventa un’impresa difficile, benché non siano mancate le unità di misura, dalla Meridiana, al calendario egizio, a quello gregoriano, dall’orologio portatile a quello atomico.
Al concetto di movimento, va, inoltre, legato quello di scorrere e, quindi, di velocità, la cui durata, però, è connaturata a quella della gravità. L’autore non tralascia il concetto di tempo elaborato dalle religioni monoteiste, quelle che credono in un solo creatore, onnipotente e, quindi, indipendente, sia dal tempo che dallo spazio, per il quale, passato, presente, futuro si trovano nel medesimo piano, avvalorando la tesi agostiniana del Nunc Stans, dell’eterno che è ora, confermando l’ipotesi che l’eternità non sia un tempo infinito, bensì una condizione senza tempo, quella stessa che si trova nell’esperienza di pre-morte, oggetto dell’ultimo capitolo, durante la quale è possibile vedere la vita in un solo istante, come accade a Lazzaro di Pirandello o ai 344 pazienti che l’hanno sperimentato, i cui resoconti sono stati pubblicati dal filosofo-psichiatra americano Raymond A. Moody, nel volume “Vita oltre la morte”.
Werner Kinnebrock, “Dove va il tempo che passa. Fisica, filosofia e vita quotidiana”, Il Mulino 2013, pp 160, € 14.