Forse i fuggiaschi troiani, narrati nell’«Eneide», non erano poi dissimili dai tanti immigrati che oggi approdano da noi

(di Andrea Bisicchia) Maurizio Bettini, filologo classico dell’Università di Siena, nel suo ultimo libro, pubblicato da Einaudi: «Homo sum. Essere “umani” nel mondo antico», parte da una premessa, necessaria per capire cosa vogliano significare i “diritti umani”, in un rapporto continuativo tra passato e presente e in che modo i classici andrebbero letti, evitando di intenderli soltanto come opera di poesia da poter spiegare attraverso l’analisi linguistica o letteraria, perché, in quanto classici, vivono in un rapporto costante con le società in cui si leggono.
Per questo motivo, Bettini consiglia di “tornare a Virgilio” e leggere, per esempio, il primo libro dell’Eneide, non alla luce della “topothesia”, di un luogo stabilito, ma alla luce di un “non luogo”, ovvero dei tanti luoghi in cui si verificheranno gli approdi dei naufraghi, con riferimento a quelli di oggi che arrivano, magari, col coronavirus. Liberando i versi di Virgilio da ogni “innocenza letteraria” e immettendoli in un contesto sociale ben preciso, Bettini cerca di dimostrare come i fuggiaschi troiani non siano dissimili dai tanti fuggiaschi che abbandonano le loro terre in fiamme per approdare verso porti sicuri, come l’Italia, dove era, a suo tempo, diretto Enea con i compagni di sventura.
È come se la poesia si trasformasse in “cronaca” di ieri e di oggi.
Se la guerra di Troia ebbe i suoi cantori in Omero e Virgilio, le guerre del Medio Oriente potrebbero appropriarsi dei loro versi, per una riflessione su cosa siano i diritti umani, quando vengono calpestati dai vincitori di allora o dai poteri forti di oggi, che decidono della vita e della morte dei cittadini, al di là del colore della pelle.
È noto che, prima di arrivare in Italia, Enea abbia sostato a Cartagine, dove Didone, da naufraga, era diventata regina, nel cui palazzo erano state affrescate le storie della guerra di Troia, destando meraviglia in Enea che capisce come quegli avvenimenti fossero già diventati mitici, tanto da precedere il suo arrivo ed aver commosso i cartaginesi: “Sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt” (Sono lacrime delle cose e le vicende mortali commuovono). Bettini ritorna a fare il filologo per spiegare “Sunt lacrimae rerum”, e va diritto al problema quando si chiede se bastino le commozioni senza l’ausilio delle leggi e dei doveri. Così traccia le tre vie per dimostrare in che modo in diritti umani siano stati messi in pratica nel mondo antico e li confronta con i diritti sanciti dalla Costituzione del 1948, anche facendo riferimento a Cicerone e alle sue riflessioni sui “communia”, ovvero sulle prestazioni necessarie da fornire a chi ne faccia richiesta e che non possono essere rifiutati a nessuno.
Ad esse fa seguire quelle di Seneca, secondo il quale il diritto naturale è un presupposto di quello sociale. Nelle “Lettere a Lucilio” scrive: “La natura ha installato dentro di noi un amore reciproco e ci ha reso sociali, oltre che umani”. Bettini prende in prestito, da Terenzio, il titolo del libro, in particolare dalla commedia “Il punitore di se stesso”, dove un padre si autopunisce, vivendo in assoluto isolamento, per aver allontanato il figlio e, interpellato da un coetaneo che forse, indiscretamente, cerca di aiutarlo, lo rimprovera per il suo interesse non richiesto e gli domanda il perché di queste sue attenzioni. La risposta non si lascia attendere: “Homo sum, humani nil a me alienum puto” (Sono un uomo, niente di umano ritengo mi sia estraneo).
Bettini ne approfitta per distinguere il concetto di umanità, presso i greci, o meglio, presso gli ateniesi, che corrispondeva alla “autocthonia”, proprio il contrario di quello romano che lasciava molto spazio agli stranieri, fino ad accettarli come imperatori. Tacito fa dire all’imperatore Claudio, negli “Annali”: “Siamo stati governati da stranieri”, come dire che, riflettendo sul mondo antico, si possano trovare delle bussole per orientarci nel mondo moderno.

Maurizio Bettini, «Homo sum. Essere “umani” nel mondo antico», Giulio Einaudi Editore 2019, pp. 126, € 12.