È come se uno, salutando dal treno una persona cara, rimasta sulla banchina, le dicesse: “Buon viaggio!”. O come, mettendosi a tavola, gridasse a un passante: “Buon appetito!”. O come, preparandosi a una difficile prova, augurasse a un ignaro sconosciuto: “In bocca al lupo!”
Così, per le vacanze di Ferragosto, abbondano i cartelli affissi alle serrande dei negozi con l’indicazione del periodo di chiusura, con tanto di “CHIUSO PER FERIE” e, subito dopo, un augurale “BUONE VACANZE”.
Non si è mai capito se sia una frase propiziatoria per lo stesso felice commerciante che se ne va finalmente in vacanza o se sia rivolta, come presunto augurio di buon auspicio, al perplesso lettore del cartello, che magari è un poveraccio senza un soldo in tasca, o è un acciaccato vecchietto che, per bene che vada, riesce a malapena trasferirsi da casa alla panchina del vicino parco pubblico, o è una indaffarata donna di casa che, al massimo, si ritaglia una mezz’ora sul balcone, boccheggiando con tanto di ventaglio, o un incavolato lavoratore costretto all’asfalto rovente, e sempre meglio di chi il posto non ce l’ha.
Per tante categorie di cittadini, quell’augurale BUONE VACANZE suona come una presa in giro (ad arricchimento della nostra nota, segnaliamo anche la rubrica “Colpo d’occhio” di Piero Lotito – il Giorno, mercoledì 19 agosto – un colorito e gustoso pezzo in punta di penna del giornalista, ch’è anche nostro prezioso collaboratore).
Ma perché questi espansivi commercianti non si limitano a un essenziale “Chiuso per ferie”, godendosi le loro meritate vacanze in santa pace, magari con una punta di riconoscenza per la loro buona sorte? Eviterebbero di esporsi inutilmente a quanti, pur senza invidia o malizia, verrebbe forse spontaneo rispondere: “Ma fàtti i cavoli tuoi!” (p.a.p.)
Fuori da molti negozi: “Chiuso per ferie. Buone vacanze”. Ma buone vacanze a chi? A chi è costretto a stare in città?
19 Agosto 2015 by