(di Andrea Bisicchia) Sono stati tanti i testi dedicati, negli ultimi mesi, all’Anno Santo, ne ricordo soltanto due perché complementari, quello di Alberto Melloni: “Il Giubileo, una storia”, Laterza, e quello di Marco Roncalli: “Giubileo d’autore. Da Dante a Pasolini: gli Anni Santi degli scrittori”, Editrice La Scuola, complementari perché, se Melloni costruisce un vero e proprio vademecum teso alla ricostruzione storica degli anni giubilari, Roncalli dà voce agli autori che, dal 1300 a oggi, si sono occupati dello stesso argomento, utilizzando generi diversi: la rima, il racconto, il trattato, il saggio.
L’autore non poteva non partire da Dante, poeta e testimone del primo Giubileo indetto da Bonifacio VIII, del quale la testimonianza più importante sembra che sia quella di Iacopo Stefaneschi, autore di “De centesimo seu iubileo anno liber”, dove il cronista ricostruisce la presenza numerica dei fedeli, il significato della remissione dei peccati, il modo di celebrare l’indulgenza, sostenendo gli argomenti con riflessioni teologiche e con l’utilizzo della dottrina sacramentale. La Bolla, emanata dal Papa, portava scritto verso la conclusione: “concediamo non un ampio, ma un totale perdono dei peccati”.
Altri cronisti, come Dino Campana e Giovanni Villani, ci hanno lasciato i loro resoconti, mentre Dante fa iniziare il suo viaggio in concomitanza con l’Anno Santo, dedicandogli versi sia nell’Inferno (XVIII, 25-33) che nel Paradiso (XXXI,103-111), non condividendo la vendita delle indulgenze, tanto da definire la Chiesa di Roma il luogo dove tutti i giorni si fa mercato di Cristo, “La dove tutti i dì si merca”. Le ruberie non erano appannaggio solo della Chiesa, ma anche dei ladruncoli dei cui furti erano vittime i romei (i pellegrini che andavano a Roma), tanto che Martino V, durante l’anno giubilare del 1390, come ricorda Stefano Infessura, fece “ Mozzare lo capo a Tartaglia dello Avello, perché derubava e fece morire tutti quelli che rubavano”. L’umanista Poggio Bracciolini, inoltre, ci ricorda come i pellegrini fossero portatori di “stercore, spurcitia et pediculosi”, oltre che di morte: “morì molta gente e morivano talmente che tutti gli ospedali, chiese, ogni casa erano pieni tra malati e morti”, un po’ come accade oggi alla Mecca.
Roncalli passa in rassegna le opere del Berni, del Bembo, del Machiavelli, del Tasso, di Marino, di Calderòn, affrontando il tema della Riforma, non tralascia l’esame del secolo dei Lumi, il più accanito contro gli anni giubilari, e, dopo essersi soffermato sugli autori dell’Ottocento, arriva a Pascoli, Fogazzaro, Papini, Gadda, Rebora, Turoldo, Primo Mazzolari, Giuseppe De Luca, Pasolini, visti ciascuno nel proprio contesto storico, dalla Grande Guerra ai Patti Lateranensi, dalla bomba di Hiroshima agli Anni di piombo.
Diversi sono i loro contributi, c’era chi ne faceva sentire la forza mistica, chi quella spirituale, chi sottolineava l’impegno sociale, chi la forza politica, come ebbe a scrivere Giorgio La Pira: “La nostra partecipazione all’Anno Santo non è un atto di pietà, ma un fatto politico”. Marco Roncalli non sorvola su nulla, commenta i fatti dottrinari attraverso l’impegno religioso dei credenti, ma non risparmia le invettive o il sarcasmo dei non credenti.
Marco Roncalli, “Giubileo d’autore. Da Dante a Pasolini: gli Anni Santi degli scrittori”. Editrice La Scuola, 2015 – pp 140 – € 12.50