MILANO, giovedì 16 aprile ●
(di Paolo A. Paganini) A “scopa” non si parla. A “briscola” sì. Ma è tutto un altro gioco. A briscola, due vecchi compari fanno presto a capirsi. Alzare gli occhi al cielo, fare spalluccia, subito diventa chiaro al compare le carte che si hanno in mano… Qualcosa del genere, in un certo senso, avviene nel gioco teatrale quando c’è intesa fra attori. Che magnifici compagni di gioco, Glauco Mauri e Roberto Sturno!
È dall’81 che fanno compagnia. Ogni anno almeno uno spettacolo. Fate un po’ voi il conto. In tutto questo tempo s’è creata inevitabilmente un’intesa da esperti giocatori di teatro. Un sopracciglio alzato, un impercettibile cenno, credo che basti loro un niente per capirsi al volo, per entrare con la battuta a tempo, per giocarsi la pausa, prima di buttar giù la carta vincente. Cioè l’applauso.
Ciò detto, possiamo spiegarci le carte, il fanta-thriller, o poliziesco “metafisico”, o giallo parapsicologico del loro ultimo lavoro: “Una pura formalità”. Se avete visto l’omonimo film di Giuseppe Tornatore del ‘93 (che allora giudicai dal fascino sottile e inquietante pur nella sua esile struttura cinematografica), sapete di cosa stiamo parlando. Con molti vaghi referenti a Hitchcock, a Bergman, a Dostoewski, a Pirandello, dei quali onestamente, nella fattispecie, non ce ne fregava niente, il lavoro di Tornatore aveva molte ambizioni, e, tutto sommato, ci era abbastanza piaciuto. Per lo meno interessato.
Nelle parti di Depardieu e di Polanski, ora, sul palcoscenico, nella versione e regia di Mauri, ci sono rispettivamente Roberto Sturno e lo stesso Glauco Mauri, il primo uno scrittore di successo implicato in uno strano e inspiegabile fatto di sangue, del quale lo smarrito scrittore non sa niente, e non ricorda niente (o finge di non ricordare niente?) avendo perso momentanea memoria; il secondo un implacabile e bonario commissario di polizia che cerca di portare alla luce inquietanti verità inoltrandosi sempre più nella palude nebbiosa della mente dello scrittore, che deve avere tante cose da spiegare, compreso tutto quel sangue sulla camicia…
E se la vittima fosse proprio lui? E se il commissario fosse in realtà il Giudice ultimo di una sentenza ultraterrena? E se quell’orologio alla parete senza lancette, senza tempo, avesse una spiegazione? E quei fogli del verbale scritti a macchina e rimasti bianchi? E tutte quelle matite senza punta sulla scrivania del commissario? E tutti quei nomi graffiti sui muri del commissariato come epigrafi tombali di vite passate? Quanti perché.
Lasciamo agli spettatori la liberatoria verità finale, che non arriva con chiarezza folgorante. Ma tant’è. Anche Tornatore s’era un po’ smarrito…
Abbiamo detto a quale magnifica intesa siano ormai pervenuti Glauco Mauri e Roberto Sturno (qui marginalmente attorniati da Giuseppe Nitti, e poi da Amedeo D’Amico, Paolo Benvenuto Vezzoso e Marco Fiore). In un’ora e mezzo senza intervallo, al Carcano, hanno creato, seppur con un realismo che contraddice le intenzioni metafisiche dello spettacolo, un interessante senso dell’attesa fino all’ultimo, quando tutto si stempera nell’indefinito, “là dove due parallele nell’infinito s’incontrano in un punto, in un punto improprio”, dove tutti, forse, ci ritroveremo, scoprendo infine perché tanta gente ci è stata amica, oppure no; perché non abbiamo saputo o non abbiamo voluto amare; perché tanta gente ci ha stretto la mano e ci ha sorriso, e perché tanti altri ci hanno solo guardato senza dire niente… Dove sarà quel “punto improprio” dove tutto si saprà? Anche se, alla fine, tutto sommato, a “quel punto” non ce ne importerà più di tanto? E finiremo col dimenticarcene.
Intanto non dimentichiamoci di godere della sorniona bonomia di questo gagliardo ottantacinquenne, Glauco Mauri, e del suo degno e più giovane antagonista Roberto Sturno. E, dato che ci siamo, andiamo a recuperare, come curiosità storica, anche quell’etereo film di Tornatore. Chi sa se ci piacerà ancora, o sarà diventato anche quello, dopo più di vent’anni, un punto improprio.
“Una pura formalità”, dal film di Giuseppe Tornatore, con Glauco Mauri e Roberto Sturno. Al Teatro Carcano, corso di Porta Romana 63, Milano. Repliche fino a domenica 26 aprile.