(di Andrea Bisicchia) In un momento in cui l’editoria bada quasi esclusivamente al commerciale e, quindi, al mercato, imbattersi nel libro di Sylvain Piron: “Dialettica del mostro”, edito da Adelphi, è come ricredersi, visto che c’è chi crede ancora nella ricerca erudita, quella che porta a riscoprire personaggi come Opicino de Canistris (1296-1353) che, partito povero da Pavia, divenne scrivano della Penitenza Apostolica di Avignone.
A dire il vero, in Italia se ne è anche occupata Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri, docente di Storia medievale, che, per Archinto, aveva pubblicato: “Volando sul mondo, Opicino de Canistris”, ricostruendone la biografia, oltre che la visione cosmologica del mondo.
Intanto chiediamoci cosa voglia dire “dialettica del mostro”, per non cadere nell’equivoco sui “Bestiari” medievali, raccolti nei trattati che descrivevano molteplici animali mostruosi, con particolare riferimento a passi della Bibbia, sui quali esistono degli studi esemplari, come quello di Jérôme Baschet.
Il lavoro di Piron è fondato su due Codici manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana ed è costruito non solo sull’analisi delle immagini che li corredavano, ma anche sui testi che le accompagnavano. Lo studioso sottolinea le capacità cartografiche di Opicino, l’inventiva nel costruire continenti immaginari, accompagnandoli con figure inquietanti di corpi e volti umani, spesso mostruosi, specificando che tale mostruosità sia da ricercare nella nostra psiche e non nella bruttezza fisica, come dire che, se i continenti sono erosi dalla animalità, allo stesso modo il nostro mondo interiore è eroso dai mostri della psiche.
Opicino, forse, non sapeva nulla di inconscio, ma conosceva la filosofia naturale, riscoperta durante il Medio Evo. Certamente, ciò che interessava, a questo artista anomalo, era la topografia interiore, ovvero quel tribunale, dinanzi al quale l’individuo si trova, ora nelle vesti di avvocato di se stesso, ora di procuratore accusante.
Gli studiosi non includono Opicino tra i grandi, egli è vissuto al tempo di Dante, Petrarca e Boccaccio e ha assistito, politicamente, al trapasso dai Comuni alle Signorie. La sua visione del mondo, come si evince dalle tavole riprodotte, risulta alquanto sibillina, oltre che inquietante, tanto che Sylvain Piron cerca di coglierne diversi profili, distinguendo tra la statura culturale e quella di semplice scrivano, incaricato di mappare una geografia fantastica, o ritenendolo un burocrate infelice che “non può impedirsi di amare l’Istituzione che lo distrugge”. Fatto sta che di Opicino rimangono dei trattati che riguardano il rapporto tra potere temporale e spirituale, come “De preminentia spiritualis imperii”, e l’altro dedicato alla sua città: “Il libro delle lodi della città di Pavia”. Inoltre c’è da sottolineare l’interesse, nei suoi confronti, del grande studioso di iconofrafia, Aby Warburg, secondo il quale, le immagini celano, al loro interno, fantasmi mostruosi che spetterà alla clinica psichiatrica decifrare.
Sylvain Piron, “Dialettica del mostro”, Ed. Adelphi 2019, pp. 340, € 50