
Francesco Hayez: “Venere che scherza con due colombe” (Ritratto della ballerina Carlotta Chabert), 1830 – olio su tela, cm 183 x 137 – Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. Deposito Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto – © MART: Archivio fotografico e Mediateca
MILANO, venerdì 6 novembre ●
(di Patrizia Pedrazzini) “Nessuno fin qui, tra i pittori, ha sentito come lui la dignità della creatura umana, non quale brilla agli occhi di tutti sotto la forma del potere, del grado, della ricchezza o del Genio, ma quale si rivela agli uomini di fede o di amore, originale, primitiva, inerente a tutti gli esseri che sentono, amano, soffrono e aspirano, secondo le loro forze, con la loro anima immortale”. Così scriveva, nel 1841, Giuseppe Mazzini di Francesco Hayez e del suo “genio democratico”. Hayez, l’artista che, nell’Ottocento, contribuì, con la propria pittura, a dare all’Italia almeno le basi di un’identità nazionale, come Alessandro Manzoni fece in campo letterario e Giuseppe Verdi nella musica.
Hayez, “le premier peintre vivant”, come diceva di lui Stendhal, nato a Venezia da famiglia poverissima (la madre era di Murano, il padre del nord della Francia) nel 1791 e morto 91 anni dopo a Milano, carico di fama e di onori.
Hayez, al quale le Gallerie d’Italia di Piazza Scala, a Milano, dedicano, fino al 21 febbraio, una mostra imperdibile: 109 capolavori del maestro, più un’opera di Friedrich von Amerling, due di Antonio Canova, due di Vincenzo Vela, una di Alessandro Puttinati. La più completa e aggiornata esposizione sull’autore del celeberrimo “Bacio”, del quale per la prima volta vengono messe a confronto le tre versioni (una delle quali fu anche presentata all’Esposizione Universale di Parigi del 1867).
Curata da Fernando Mazzocca, la mostra si sviluppa lungo una successione cronologica ritmata dagli autoritratti dell’artista (il primo quando aveva sedici anni, l’ultimo a ottantotto), dalla formazione tra Venezia e Roma, ancora nell’ambito del Neoclassicismo, all’affermazione, a Milano, come protagonista del Romanticismo. Così, le diverse sezioni dell’esposizione riflettono i mutamenti del clima culturale, storico e sociale del quale Hayez fu testimone e interprete (tra l’altro partecipò anche attivamente alle Cinque Giornate di Milano, nel marzo del 1848): la pittura storica, il ritratto (fra i più noti, quello del Manzoni e della principessa di Belgiojoso), la mitologia, la pittura sacra, l’orientalismo, tanto in voga in quegli anni.
E il nudo femminile, declinato in una sensualità insieme pura e potente che lo rende unico nel panorama ottocentesco italiano ed europeo: bastino per tutti “Venere che scherza con due colombe”, del 1830, “Betsabea al bagno”, del ’34, “Bagnante”, del 1859. E i nudi maschili, fra i quali emerge “Ajace d’Oileo naufrago s’aggrappa ad uno scoglio imprecando gli Dei”, realizzato nel 1822 “per far vedere che mi ero pure occupato di studiare la carne”.
E ancora le Maddalene penitenti, le Malinconie e le Meditazioni. La Crociata di Pietro l’Eremita e l’ultimo bacio di Giulietta e Romeo. Laocoonte fra i serpenti e Maria Stuarda al patibolo. Sansone e i profughi di Parga. I vasi di fiori. C’è persino un ritratto dell’Innominato.
Professore di pittura all’Accademia di Brera, consulente del Teatro alla Scala, nella città lombarda Hayez si trasferì definitivamente nel 1823. Tre anni dopo il travolgente successo ottenuto, all’esposizione di Brera, dal dipinto storico “Pietro Rossi”, considerato, insieme al “Carmagnola” del Manzoni in ambito letterario, il manifesto, anche “politico”, del Romanticismo in pittura. A proposito dell’opera, anch’essa naturalmente in mostra alle Gallerie d’Italia, lo stesso Mazzini sottolineò come il suo giovane autore si fosse “emancipato, recando con sé, come Lutero, una rivoluzione”.
Milano non è città prodiga di onori. Ma riconosce e si inchina ai grandi. La statua di Leonardo troneggia in piazza della Scala. Quella di Francesco Hayez nella tranquilla piazzetta a lato dell’Accademia di Brera.
“Hayez”. Milano, Gallerie d’Italia, Piazza Scala, fino al 21 febbraio 2016.
Numero verde 800.167619
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