(di Andrea Bisicchia) Quante volte diciamo a noi stessi: “Ho bisogno di solitudine”, ebbene, leggendo il libro di Hugo Ball “Cristianesimo Bizantino”, Adelphi editore, ci si chiede come mai uno scrittore che è stato anche regista, collega di Max Reinhardt, durante il periodo dadaista, che ha partecipato alla stesura del primo Manifesto, possa aver scelto di studiare le vite di tre monaci orientali anacoreti, come Giovanni Climaco, Dionigi L’Aeropagita, Simeone Stilita, e di scrivere delle lucide introduzioni alle loro opere. La risposta è da ricercare nell’educazione cattolica avuta dalla famiglia e nell’aver scelto, negli ultimi anni della sua vita, non solo di riavvicinarsi alla religione, ma anche alla solitudine e alla povertà.
Ball era un uomo colto, aveva studiato sociologia e filosofia, orientando i suoi studi verso discipline diverse: la poesia, l’arte figurativa, il teatro. “Cristianesimo Bizantino” fu pubblicato nel 1924, tre anni prima della sua scomparsa. I testi sui quali Ball si sofferma sono: “La Scala del Paradiso” di Climaco, “La gerarchia celeste” di Dionigi, testi che stanno alla base della teologia e dell’angelologia. Il primo è diviso in trenta gradini, tanti occorre umilmente salirne per pervenire alla perfezione. Per Climaco, chi cerca l’incontro col trascendente, deve intraprendere un viaggio di purificazione. I trenta gradini, inoltre, rappresentano le tappe della vita monastica, tappe che conducono alle vette più alte dove avviene l’incontro con Dio, al quale si arriva col ricorso all’esicasmo, ovvero con la meditazione, frutto di silenzio e di pace interiore e con l’imitazione delle potenze spirituali che celebrano la divina liturgia. Straordinari sono i Discorsi (XXVII-XXVIII) che Climaco dedica all’esichia, alla quiete, che è anche argomento di “La gerarchia celeste” di Dionigi, scritta in 15 capitoli, in molti dei quali il santo si intrattiene sulla gerarchia degli angeli.
Si tratta di due opere fondamentali per approfondire alcuni aspetti di “La Divina Commedia” e, in particolare, del “Paradiso”. Hugo Ball, non si limita a interpretare i testi, ma cerca di inquadrali storicamente, oltre che scientificamente,con un notevole apparato di Note. Di quelli esaminati, coglie alcune categorie universali come: Ascesi, Penitenza, Espiazione, Ubbidienza, Disciplina, Redenzione, si tratta di categorie necessarie per chi intraprende la vita monastica e per chi cerca la “Resurrezione del cuore”, che si raggiunge tramite l’ascesi, concepita come liberazione dai turbamenti e come elevazione verso la trasfigurazione, ovvero verso Dio. Dionigi è contemporaneo di Proclo, della Scuola catechistica di Alessandria, del Neoplatonismo e dello gnosticismo. La chiesa aveva subito gli attacchi di Celso, di Porfirio, di Giamblico, depositari di una controreligione che si opponeva a quella cristiana. Dionigi si inserì nella battaglia i cui nemici erano gli gnostici e Porfirio che aveva pubblicato: “Contro i cristiani”. Erano anni di sincretismo religioso, di continui attacchi contro la chiesa da parte di Marcione e di Mani. Alla conoscenza, Dionigi contrapponeva la sapienza, ma, soprattutto, l’esicastia, quella stessa che praticherà Simeone Stilita,avendo scelto di vivere in solitudine in cima a una colonna, tanto da diventare modello per gli stiliti successivi.
Hugo Ball, “Cristianesimo Bizantino”, Adelphi Editore, 2015 – pp 316, € 28
Hugo Ball, raffinato uomo d’arte e di scrittura, ispirato ai monaci anacoreti, alla fine scelse una vita povera e solitaria
31 Marzo 2015 by