(di Andrea Bisicchia) Una biblioteca che si rispetti, ovvero che accolga libri di un certo valore, non credo debba evidenziare il carattere professionale di chi la detiene, anzi dovrebbe evitare l’assetto monografico, utile a distinguere quella del filosofo da quella dello scienziato, quella dello storico (del teatro, della letteratura, delle religioni etc), da quella del sociologo. Personalmente, credo che ai titoli necessari, per chi svolge una determinata professione, andrebbero aggiunti quelli di cultura generale. In fondo, come sostiene Roberto Calasso nel volume: “Come ordinare una biblioteca”, edito da Adelphi, una biblioteca riflette lo spazio mentale di colui che raccoglie, con cura, i libri da conservare negli scaffali.
Chiediamoci, allora, cosa vuol dire con cura? Per prima cosa vuol dire “scelta”, ma anche “ordine” che, secondo Calasso, deve essere “plurale”, oltre che “funzionale” e “macchinale”, ma anche alfabetico, linguistico, tematico.
La biblioteca, insomma, non deve essere un labirinto di scaffalature, bensì una specie di “luogo psichico”, come ebbe a dire il grande Aby Warburg, al quale, nel 1926, fu dedicata una biblioteca ad Amburgo. Calasso, in modo sintetico, ricostruisce il trapasso dal rotolo al codex, al libro, partendo dalla prima biblioteca pubblica, quella di Alessandria d’Egitto, dalle 29 biblioteche dell’antica Roma, per arrivare alle prime biblioteche europee, a cominciare dalla Ambrosiana di Milano (1608), fino a quelle del Secondo Novecento, costruite con le famose “collane”, delle quali, Calasso ricorda, in particolare, quella einaudiana dei “saggi” che si distinguevano per la grafica e per il colore rosso dei dossi, oltre che per l’attrazione di alcune parole, allora inusitate, come “fenomenologia”, “strutturalismo”, “linguistica”.
I libri si notavano da lontano, così come si notano quelli di Adelphi. C’è, infine, il pericolo che le librerie di casa, possano essere utilizzate come arredamento. Sono convinto che la biblioteca di un certo tipo esista solo se esiste il lettore di professione. Occorre, però, ricordare altre figure che concorrono alla funzione di una biblioteca, quella del bibliofilo, del collezionista, del feticista, per il quale risulta necessario il contatto col libro.
Calasso ricorda la geniale battuta di Carl Kraus: “Sotto il sole non c’è essere più infelice del feticista che brama una scarpa di donna e deve contentarsi di una femmina intera”. Il vero lettore è colui che segue un filo per poterlo imbrogliare, annodare, sciogliere, ma è anche quello che sa essere un po’ volubile, proprio come una bella donna. Calasso distingue alcune categorie di libri, quelli “molesti” da quelli che contengono “gli omaggi dei viventi”, dei quali disfarsene non è facile, poi ci sono i libracci che riservano delle vere e proprie sorprese, ed ancora: i libri brutti che, però, si vendono.
Non tralascia il problema della polvere, tanto da sostenere l’utilizzo del “pergamino” che protegge la copertina dall’invecchiamento. C’è chi, per evitarla, elogia l’e-book che, alla fine, si è rivelato un flop. L’autore si sofferma anche su come catalogare le riviste, però, quelle col dorso e dedica un breve capitolo ai librai e alla evoluzione non controllata di tante librerie, col rischio che alcune di esse siano diventate degli empori, come se il libro, da solo, non potesse bastare.
Roberto Calasso, “Come ordinare una biblioteca” – Adelphi 2020 – pp. 126, € 14