I numeri di Fibonacci e la Polifonia di Bach nella folle sfida del desiderio della ninfomane di Lars von Trier

Una scena di “Nymphomaniac”, di Lars von Trier

Una scena di “Nymphomaniac”, di Lars von Trier

(di Paolo Calcagno) Una ninfomane dichiarata: tale è Joe, la protagonista del nuovo film di Lars von Trier, autore danese di capolavori quali “Le Onde del Destino” e “Dancer in the Dark”, e di geniali innovazioni dell’arte della decima musa, quali “Europa”, “Dogville”, “Antichrist”, “Melancholia”. “Nymphomaniac”, in misura largamente superiore ai precedenti film di von Trier, per il suo tema esplicito dell’erotismo, ha fatto chiasso e ha destato grandi curiosità già prima che venisse girato, editato, presentato al Festival di Berlino, distribuito nelle sale. Da sempre, lo scandalo annuncia e accompagna le opere del fondatore del movimento filmico Dogma Danese, ovvio che in presenza del sesso, tabù per eccellenza delle umane sorti, l’inciampo nella fatidica pietra fosse inevitabile e fortemente rumoroso.
Il pubblico che ama il Cinema, la critica e chi fa Cinema si sono oliati gomiti (e i neuroni) per prepararsi ad accogliere sapientemente l’ultima “provocazione” di Lars von Trier. Personalmente, ammetto che “les jeunes filles en fleurs
della proustiana Recherche“, David H. Lawrence, Anais Nin, Roland Barthes, i sensi imperiali di Nagisa Oshima e, soprattutto, Georges Bataille (Dell’erotismo si può dire che esso sia l’approvazione della vita fin dentro la morte“), sono stati occasioni di più di un ripasso per una doverosa preparazione ad affrontare l’urto di “Nymphomaniac”.
Ognuno ha le sue ossessioni e i riferimenti preferiti, o più congeniali, per declinarle.
Giustamente, Lars von Trier non poteva che stupirci con una personale e originale proposta che si ponesse, a sua volta, quale affascinante e preziosa “radice” della rappresentazione e dell’analisi dell’eros femminile. Mistero, emozione, sentimento, pudore, violenza, se ci sono, sono tutti da scoprire nel racconto della ricerca e della sfida, entrambe poetiche quanto folli, del desiderio da parte della protagonista Joe, cui dà sangue e carne, sorrisi e lacrime, la straordinaria Charlotte Gainsbourg, 43 anni (figlia inglese del poeta e cantante francese Serge e dell’attrice e cantante Jane Birkin), interprete preferita di von Trier (“Antichrist”, “Melancholia”), affermatasi al seguito di grandi maestri come Agnes Varda, Alejandro Inarritu, i fratelli Taviani, Franco Zeffirelli, James Ivory, Michel Gondry. Stacy Martin scolpisce con grazia illuminante e con sfuggente fisicità adolescenziale la Joe ragazzina, già maniacalmente ninfomane. Stellan Skarsgård (da “Le Onde del Destino”
a “Millenium/Uomini che Odiano le Donne” e “The Railway Man”) è il paziente studioso Seligman che in una notte di neve trova in un vicolo buio, Joe, pesta e sanguinante, le dà rifugio a casa sua, la cura e l’ascolta mentre la donna narra in 8 capitoli la storia della sua vita e dei suoi incontri, dalla nascita ai 50 anni.
Joe è una “bambola rotta” che a fatica si rianima rievocando per Seligman (e per se stessa) le sue esperienze, accompagnate dai concetti di religione, vergogna, peccato, salvezza, il contatto con la natura attraverso la guida amorevole del padre. Joe racconta di aver perso a 15 anni la verginità in seguito a 5 penetrazioni vaginali e 3 anali (e lì von Trier chiama in causa la successione numerica di Fibonacci), ricorda l’esaltante eccitazione della sua trasformazione in “angelo del piacere” quando con l’esperta amica B. si contende una busta di cioccolatini, premio per chi delle due sarebbe riuscita a sedurre più sconosciuti in treno, esprime la pienezza delle soddisfazioni provate nelle relazioni occasionali, rivive gli orgasmi ossessivamente inseguiti tenendosi a distanza di sicurezza dai sentimenti (“Centinaia di crimini sono stati commessi in nome dell’amore“).
Seligman paragona lo stile di adescatrice di Joe a quello di un esperto pescatore che sa come e dove lanciare l’esca, infalllibilmente. Successivamente, Joe viene invasa dallo strazio e dal dolore quando rievoca la morte del padre, in ospedale, e sprofonda nel delirio dell’illusione di un macabro incesto. In ruoli di alternante efficacia compaiono accanto a Charlotte Gainsbourg grandi nomi di Hollywood, da Shia LaBeouf a Christian Slater, da Uma Thurman a Willem Dafoe. Nel capitolo quinto, “La Scuola di Organo”, Seligman spiega il preludio corale di Bach: tre voci, ciascuna con il suo carattere, ma in totale armonia. In altre parole: la Polifonia.
La ninfomane trova ispirazione con facilità ed esterna come aveva messo in atto la sua Polifonia del piacere. Lì, si conclude il primo volume di “Nymphomaniac”, che tra una ventina di giorni sarà seguito dall’uscita del secondo. Vari tagli, soprattutto lunghi primi piani di organi genitali, eseguiti dai montatori di von Trier con l’autorizzazione del regista, hanno ridotto a circa 4 le 5 ore e mezzo della versione originale del film che sarà distribuita più avanti, probabilmente in dvd.
Le modalità delle regole di Censura nei vari Paesi (in Italia, “Nymphomaniac” è vietato ai minori di 14 anni) hanno suggerito alla produzione e al regista un formato ridotto che risultasse omogeneo. Naturalmente, occorre attendere il secondo volume del film di Lars von Trier per saperne di più sul racconto di gioia e di supplizio della sfrenata corsa all’orgasmo di Joe. Di una convinzione, però, siamo irremovibilmente certi: “Nymphomaniac” è molte cose, tranne che un film “porno levigato”, o un “porno d’autore”.
“Nymphomaniac”, regia di Lars von Trier, con Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Christian Slater, Jamie Bell, Uma Thurman, Willem Dafoe. Danimarca, 2013