I rapporti familiari nel teatro di Santanelli. Luogo mentale di conflitti in bilico tra abusi e amore, deliri mentali e tenerezze

(di Andrea Bisicchia) Non esiste alcun dubbio sul fatto che Manlio Santanelli (1938), occupi un posto particolare nella Storia del teatro italiano, non solo perché gli dobbiamo alcuni capolavori, come “Uscita di emergenza” (molti di noi lo videro al Pier Lombardo, oggi Franco Parenti, nel 1981 con Sergio Fantoni e  Nello Mascia), “Bellavita Carolina”, “Regina madre”, “Disturbi di memoria”, “Pulcinella”, ma anche perché gli dobbiamo un linguaggio drammaturgico potente, con una sua specificità, oltre che con quel gusto del paradosso, del grottesco, dell’umorismo atrabiliare, che lo rendono unico nel suo genere, benché qualche studioso o qualche critico lo abbia inserito in un percorso post-eduardiano, come compagno di strada di Enzo Moscato (1948 ) e Annibale Ruccello (1956-1986 ), entrambi poco più giovani, ma che hanno iniziato l’attività di drammaturghi negli stessi anni.
Mariano D’Amora, autore di monografie dedicate a Patroni Griffi, Moscato, Ruccello, ha appena pubblicato un volume, edito da MEA “Poetiche del conflitto in interno borghese. Il teatro anarcoide di Manlio Santanelli”, certamente il primo studio completo sulla vasta Opera teatrale dell’autore napoletano, che ha scritto molto, non tanto, come ha più volte affermato, per la gioia di scrivere, quanto “per una necessità fisiologica”, come dimostra il suo linguaggio fisico, se non carnale.
Mariano D’Amora rilegge l’intera opera utilizzando una vasta bibliografia trasversale, dove svettano i nomi di Roger Caillois, Ernesto De Martino, Sigmund Freud, Gustav Jung, Ervin Goffman, come a sottolineare che la sua “lettura” non è costruita sulle trame, ma su ciò che sta dentro di esse, tanto che il suo linguaggio saggistico a volte si mostra alquanto specialistico.
Di che cosa è andato in cerca Mariano D’Amora? Della scrittura di Santanelli, che ha il potere di autogenerarsi attraverso la sua ambiguità, il non detto, le allusioni, gli scandali, gli eccessi, le parafrasi religiose, costruendo un mondo immaginario che rasenta la blasfemia, grazie agli elementi anarcoidi che la caratterizzano.
D’Amora ha diviso il suo lavoro in dieci brevi capitoli, ai quali ha fatto seguire una utilissima teatrografia, accompagnata dalla bibliografia dell’autore e, soprattutto, dall’elenco indispensabile di tutti gli allestimenti. Il lettore si trova dinanzi a un commediografo di stampo europeo, che ha scelto di analizzare la marginalità, intesa come condivisone, attraverso la quale, rappresentare una particolare condizione umana (vedi “Uscita di emergenza”), che però estende alla “Ri-definizione” del nucleo familiare, non soltanto soggetto a un malessere esistenziale, bensì a una precarietà e a un disagio sociale, fato di rituali quotidiani, di conversazioni improbabili, di scontri verbali, in particolar modo quando si entra negli affetti materni, tanto da chiedersi, come in “Bellavita Carolina” e “Regina madre”, cosa rappresenti veramente la maternità, ovvero se la madre si fosse assunto il compito di proteggere, di tollerare, oppure di stravedere per i propri figli o figlie, con tutti i deliri mentali che ne conseguono.
In Santanelli non c’è uno sbocco di tipo moralistico, egli si addentra nella ferocia dei rapporti familiari, tanto da pensare più a Strindberg che a Pirandello o Eduardo, anche perché l’interno borghese viene trasformato da Santanelli in un luogo di conflitti, non certo di tipo realistico, ma visionario, una specie di prigione o, come sostiene D’Amora, “luogo mentale”, continuamente in “ bilico tra tenerezza e abuso, tra amore e distruzione, tra angoscia e impotenza, tra fede e maternità”, fino alla stranissima e molto efficace, pur nella sua visionarietà, identificazione tra la figlia di Bellavita Carolina, con San Gennaro, se non, addirittura, in una sua trasposizione. Si tratta di “relazioni oppositive” che troveremo ancora in “Disturbi di memoria”, in “Il baciamano” e in parecchi atti unici.
Il volume si conclude con l’analisi di “Pulcinella” che, con la regia di Scaparro e l’interpretazione di Massimo Ranieri, fu un vero e proprio trionfo, non soltanto sui palcoscenici italiani.

Il libro verrà presentato oggi, lunedi 17, a Napoli, nel Foyer del Teatro Mercadante, alle ore 18, da Giulio Baffi, Alessandro Toppi, Manlio Santanelli, insieme all’autore. Le letture saranno di ISA DANIELI E NELLO MASCIA, interpreti superbi di parecchie opere di Santanelli

Mariano D’Amora: “POETICHE DEL CONFLITTO IN INTERNO BORGHESE. IL TEATRO ANARCOIDE DI MANLIO SANTANELLI”, Edizioni MEA 2023, pp. 150, € 16.