(di Andrea Bisicchia) – Il nuovo libro di Mino Gabriele, “I sette talismani”, pubblicato da Adelphi, pur affrontando argomenti che appartengono all’antichistica, è di facile e piacevole lettura, benché il lavoro, svolto dall’autore, spazi su un lungo periodo di storia, già indagato da molti studiosi, con metodologie e approcci diversi che riguardano le capacità politiche, gestionali, organizzative, produttive, militari dell’Impero Romano, la cui durata fu, certo, dovuta alle sue leggendarie imprese, grazie alla virtù dei suoi imperatori, ma anche, come direbbe Machiavelli, alla fortuna.
Mino Gabriele sostiene che tale durata debba, inoltre, essere ricercata nell’intensa concezione che i romani ebbero del sacro, tanto da essersi creata una propria cosmologia religiosa, all’interno della quale, occupavano un posto particolare i “Pignora Imperii”, ovvero ben sette talismani che contribuirono a quel grande successo militare che permise la costruzione dell’Impero più lungo della storia, col contributo decisivo dei doni (Pignora) celesti e dell’aiuto delle divinità propizie, la cui tutela avveniva proprio grazie ai talismani e ai loro poteri magici che venivano svelati solo dagli indovini. Mino Gabriele ci racconta un mondo affascinante utilizzando fonti archeologiche, letterarie, storico-politiche, con ricostruzioni filologiche e con una attività critica che permettono di distinguere il vero dal falso, il visibile dall’invisibile.
Il potere degli indovini era fondamentale, il loro compito consisteva nello sciogliere l’arcano e nel tradurre il linguaggio del soprannaturale, grazie alle loro facoltà eccezionali, la cui esegesi doveva essere infallibile, benché interpretare il segno divino non fosse cosa facile. Come è noto, i greci potevano contare su indovini come Calcante, Mopso, Tiresia e la stessa Cassandra, pur se condannata a non essere creduta. C’erano, poi, chi, come le Pizie o le Sibille, poteva accedere alla Sapienza, grazie al divino furore e all’invasamento profetico.
Cicerone distingueva, come ci fa notare Gabriele, due tipi di divinazione, una che dipende dall’arte e che si esprime per congetture avendo imparato dalla osservazione delle cose passate, l’altra che prevede il futuro osservando i segni premonitori, ovvero i Pignora, di cui, per primo, ci racconta il grammatico Servio Mario Onorato, vissuto tra il IV e il V secolo d. C., noto anche per essere stato il primo commentatore di Virgilio. È proprio lui ad elencarli: L’ago della Madre degli dei, La Quadriga d’argilla dei Veienti, Le ceneri di Oreste, Lo scettro di Priamo, Il velo di Iliona, Il Palladio, Gli scudi sacri.
I Pignora, in fondo, testimoniavano, al monarca o all’imperatore di turno, il potere degli dei, oltre che la loro garanzia di vittoria, in caso di guerra. Tali strumenti si avvalevano del vaticinio che preannunciava il sostegno del dio, in quanto i Pignora possedevano le virtù della divinità che li aveva fatti arrivare ai romani, per le loro credenze religiose e per i loro valori giuridici e politici.
Ci racconta Macrobio che i romani fossero attenti a evocare gli dei tutelari, che possedessero una pratica segreta e ignota a molti e che fossero convinti di potere chiamare fuori gli dei tutelari delle città conquistate, per farli propri, tanto che se la città, prima del dio evocato, era invincibile, dopo veniva conquistata perché la si privava di ogni potere soprannaturale. Perché non venissero evocati e, pertanto, rubati, i talismani dovevano essere occultati con grande perizia, andavano, cioè, conservati come reliquie. Occorrerà attendere l’arrivo del cristianesimo per vedere distrutta, con feroce intolleranza, ogni traccia dei culti romani, per poi vederli sostituiti con i culti cristiani che, a loro volta, inventeranno i loro talismani.
Mino Gabriele non si limita, certo, come Servio, a elencare i sette Pignora, a ciascuno dedica un capitolo che ne spiega le origini e i significati, corredandoli con un fitto apparato iconografico che, lungo i secoli, ha fatto riferimento alla loro funzione.
Mino Gabriele, “I sette talismani” – Adelphi 2021, pp. 482, € 44.