I tre maestri del “mondo fluttuante” giapponese. E pensare che i loro disegni erano usati come carta da imballaggio

Kitagawa Utamaro, La ragazza precoce, 1802 - Silografia policroma, 39,4 x 26 cm (Honolulu Museum of Art)

Kitagawa Utamaro, La ragazza precoce, 1802 – Silografia policroma, 39,4 x 26 cm (Honolulu Museum of Art)

MILANO, mercoledì 21 settembre(di Patrizia Pedrazzini) La parola giapponese ukiyo, letteralmente “mondo fluttuante”, nasce, anticamente, con una connotazione per certi versi negativa. Legata al pensiero buddhista, fa riferimento al distacco dalle cose terrene in quanto illusorie e transitorie, nonché di impedimento al raggiungimento dell’illuminazione. Solo con lo sviluppo urbano e della vita cittadina, a partire dal XVII secolo, l’interpretazione del termine cambia, andando ad acquisire il significato opposto, cioè quello del pieno godimento dei piaceri della vita, da godere proprio in quanto fuggevoli e temporanei.
All’ukiyoe, ovvero alle “immagini del mondo fluttuante”, la produzione artistica giapponese più nota e studiata a livello internazionale, e ai suoi tre maestri assoluti, Milano dedica, esattamente 150 anni dopo la firma del primo Trattato di Amicizia e Comercio tra Giappone e Italia, una grande mostra, nelle sale di Palazzo Reale fino al 29 gennaio.
Oltre 200 silografie policrome (e libri illustrati) provenienti dalla collezione dell’Honolulu Museum of Art, a testimoniare il mondo artistico e umano di tre icone dell’arte giapponese: Katsushika Hokusai (1760-1849), Utagawa Hiroshige (1797-1858) e Kitagawa Utamaro (1753-1806). Promossa e prodotta da Comune di Milano, Palazzo Reale e MondoMostre Skira (che ne cura anche il catalogo), l’esposizione copre i temi “classici” dell’ukiyoe: dai paesaggi e dagli scorci naturalistici alle ambientazioni cittadine, alle eleganti e sensuali figure femminili. Dalla celeberrima “Grande onda” (e dalle “Trentasei vedute del Monte Fuji”) di Hokusai alle “Cinquantatré stazioni di posta del Tokaido” di Hiroshige, alle donne di Utamaro, ai loro preziosi kimono, alle loro elaborate acconciature, ai loro fermagli nei capelli. Ma anche ai delicati “ritratti” di fiori, uccelli, pesci, insetti, fino ai libri di “Manga”. Quindici volumi di oggetti, esseri viventi, azioni, luoghi, fantasie, disegnati da Hokusai in inchiostro nero, con solo qualche tocco di nero diluito e vermiglio leggero. Nel 1856 alcune di queste pagine, usate per imballare oggetti di ceramica spediti in Francia, vennero “scoperte”, divenendo, nella Parigi di fine Ottocento, fonte di ispirazione per il mondo artistico europeo e della pittura impressionistica in particolare. E non solo. È fra il 1901 e il 1903 che Giacomo Puccini compone, ambientata in Giappone, “Madama Butterfly”, l’opera lirica che, tra l’altro, il prossimo 7 dicembre aprirà la stagione della Scala a Milano.

Katsushika Hokusai, La cascata di Yoshino nella provincia di Yamato dove Yoshitsune lavò il suo cavallo, 1832-1833 circa - Silografia policroma, 37,9 x 25,9 cm (Honolulu Museum of Art)

Katsushika Hokusai, La cascata di Yoshino nella provincia di Yamato dove Yoshitsune lavò il suo cavallo, 1832-1833 circa – Silografia policroma, 37,9 x 25,9 cm (Honolulu Museum of Art)

Una mostra quindi, quella di Palazzo Reale, da vedere, ma anche e soprattutto da inquadrare e capire. Storicamente e culturalmente. In questo senso utilissimi risultano i pannelli esplicativi che accompagnano l’esposizione, suddivisa in cinque sezioni: Paesaggi e luoghi celebri: Hokusai e Hiroshige; Tradizione letteraria e vedute celebri: Hokusai; Rivali di “natura”: Hokusai e Hiroshige; Utamaro: bellezza e sensualità; I Manga: Hokusai insegna.
Perché definizioni come Epoca Edo (così si chiamava l’umile villaggio di pescatori destinato a trasformarsi, nell’arco di cent’anni, in una metropoli di nome Tokio), shōgun (letteralmente “comandante dell’esercito”), surimono (“cosa stampata”), non restino relegati nell’immaginario collettivo del Giappone delle geishe e dei samurai. Anche in considerazione del bagaglio “tecnico” (l’uso di tinte piatte e di colori puri, la rappresentazione su piani sovrapposti, l’abbandono della prospettiva), che contraddistingue questa singolare produzione artistica.

“Hokusai, Hiroshige, Utamaro”, Milano, Palazzo Reale, fino al 29 gennaio 2017
www.palazzorealemilano.it
www.hokusaimilano.it