Il “Berretto” di Pirandello. Però stavolta, secondo Valter Malosti, il mattatore non è più Ciampa, ma l’invasata Signora Fiorica

MILANO, mercoledì 22 febbraio ► (di Iacopo De Andreis) “Il berretto a sonagli”, visto al Parenti, con la regia e l’interpretazione di Valter Malosti e con una bravissima Roberta Caronia nella parte di Beatrice, è sicuramente diverso dalle versioni, con primo-attore, viste qualche decennio fa.
Cavallo di battaglia di mattatori, il testo utilizzato da Malosti risale, se vogliamo, al primo vero mattatore per il quale fu scritto: Angelo Musco, di cui Malosti utilizza il “copione” ristampato da Sarah Zappulla Muscarà, che ha curato, per Bompiani, il Teatro dialettale di Pirandello, quello che l’autore agrigentino scrisse grazie all’invito di Nino Martoglio, che dirigeva la Compagnia del Teatro Mediterraneo.
La trilogia per Musco fu composta da “Pensaci Giacomino”, “Liolà” e “Berretto a sonagli”, costruita sul disonore, alquanto legata al teatro piccolo borghese di fine secolo, che fu messo in crisi dal Futurismo e dal Teatro di Poesia di D’Annunzio. Toccò a Pirandello distruggerlo dall’interno, utilizzandone le stesse trame, mostrandone il “sentimento del contrario”, quello che aveva teorizzato nel saggio sull’umorismo del 1908. La prima messinscena fu molto tormentata, Pirandello, in un fitto carteggio con Martoglio, si lamentava di Musco perché, a suo avviso, aveva trasformato la commedia in una “farsaccia”, senza “pensare di ripulire la sua immagine di attore”, tanto che volle intervenire persino sulla “truccatura”, che doveva avere l’aspetto di  “barbagianni” con occhiali grossi a staffa.
Musco invocava dei tagli perché riteneva il linguaggio troppo filosofico.
Malosti ha molto studiato la nascita di quel copione e, nel riprenderlo, si è ben guardato di farne una farsa alla Angelo Musco. Egli ha lavorato più sui caratteri dei personaggi, a volte alleggerendoli, per farne, consapevolmente, delle macchiette.
Ha puntato la sua regia sul personaggio di Beatrice, facendone la vera protagonista, così come aveva fatto Massimo Castri nella sua messinscena, in forma di vaudeville, con Maddalena Crippa e Tino Schirinzi, riservandosi per sé le “scene madri”, sfrondando il suo personaggio da ogni apporto filosofeggiante, costruendolo in maniera alquanto ambigua, con un certo distacco, anche nella scena finale quando si presenta con l’accetta per compiere il duplice omicidio, a meno che la signora Beatrice non si finga pazza, per almeno tre mesi, liberandosi dalle sue ossessioni, tanto che i personaggi che le stanno attorno, compresa la moglie di Ciampa in guêpière, sono le proiezioni della sua mente invasata.
Per lei, Malosti ha costruito una pedana con divanetto, concepito come stanza della tortura, ha utilizzato le quinte come una forma di carillon, dietro le quali, si muovono tutti gli altri personaggi, calpestando un tappeto rosso che allude alle passioni, ma anche a quel sangue che non sarà mai versato, se trionfa la follia.
Roberta Caronia è brava a fare l’ossessa, ha costruito la sua recitazione interiorizzandola il più possibile, ma esagitando i gesti come una indemoniata.
Bravi gli attori che coralmente assistono alla sua “rappresentazione” della gelosia e della “corda pazza”.
Cordiali e generosi consensi alla fine per tutti. Si replica fino a domenica 26 febbraio.

“Il berretto a sonagli”, di Luigi Pirandello. Adattamento e regia di Valter Malosti. Con Roberta Caronia, Valter Malosti, Paola Pace, Vito Di Bella, Paolo Giangranasso, Cristina Arnone, Roberta Crivelli. Teatro Franco Parenti, Via Pier Lombardo 14, Milano.

INFO: Tel. 02 59 99 52 06;
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