“Il borghese gentiluomo”, colossale macchina di risate. Con Emilio Solfrizzi in vena di varietà. Tra Franco Franchi e Totò

MILANO, domenica 12 novembre ► (di Paolo A. Paganini) Il repertorio drammaturgico del Signor Jean Baptiste Poquelin, detto Molière (1622-1673), è ricco di classiche tipologie degli uomini della sua epoca, con personaggi talmente esemplari da assumeri i caratteri di una universalità senza tempo.
In un’ideale raccolta, vi si trovano fatali contrattempi di sventurati, innamorati dispettosi, ridicole donne ambiziose della moda, gelosie, cornuti, scornati, medici dal latino maccheronico, malati immaginari, scuole di mogli e scuole di mariti, rompiballe, e donne saccenti, ipocriti, impostori di una umanità tartufesca, squattrinati dongiovanni, tirchi, servi furbi. Gli appassionati sapranno sen’altro dare titolo a questi tipici personaggi della commedia umana di Molière.
Dopodiché, Molière, che conosceva tutti i più raffinati e scontati meccanismi del divertimento, dalla farsa alla satira, sapeva di poter ricorrere con successo anche ai fasti goderecci della commedia dell’arte, ora con intermezzi musicali, balletti e gag di varietà, o chiamatelo quel che volete giacché non esisteva ancora. Molière aveva capito tutto del suo pubblico, e sapeva lisciare per il verso giusto popolo e potenti, mettendo alla berlina vizi, peccati e debolezze, ma con l’amabile bonomia di chi castiga ridendo.
Così avviene, ora, al Teatro Carcano, con “Il borghese gentiluomo”: storia d’un ricco e ambizioso borghese in fregola di quarti di nobiltà, sciocco e credulone, che farebbe qualsiasi cosa pur di ottenere uno straccio di titolo. Per esserne degno, cerca di acquisire i modi e il comportamento dei veri nobili, che sotto sotto si rivelano però più poveracci e scrocconi dell’innocuo borghese. Il quale, tutto invaso dalla sua innocente follia, assume un maestro d’armi, prende lezioni di ballo e di canto, si affida a un filosofo imbonitore pseudo grammatico per diventare forbito affabulatore, si affida a un sarto che lo agghinda come un pavone con fronzoli e nastrini. E, ovviamente, sia con la spada, sia con, la musica, sia con la filosofia, sia con la moda dimostra una totale mancanza di gusto e di abilità.
Ma tutto è buono per matte risate. Tanto più che in scena (due tempi di un’ora ciascuno, ricavati dai cinque atti originali) c’è il comico Emilio Solfrizzi, che, al centro dell’azione, si ricava uno spazio di mattatoriali situazioni comiche, alcune ricavate dal testo ma per lo più pescate dal suo ricco repertorio comico, che accetta, alla lettera, la lezione molièriana della farsa, ora con questa ammiccando a Franco Franchi ora ispirandosi a Totò.
Ne vien fuori una colossale macchina di risate.
Tutti gli altri assecondano Solfrizzi come “spalle”, con diligenza e allegra disponibilità, prodigandosi anche in cori e balletti. E con una trionfale apoteosi finale che suggella l’ultima beffa: il giovane spasimante della figlia, per farsi accettare come genero da quel credulo zimbello di tutti, si traveste da Gran Turco. E ottiene così l’adorata fanciulla in cambio di nobili riconoscimenti e attestati di fasulla nobiltà.

IL BORGHESE GENTILUOMOdi Molière – Traduzione e adattamento Annarosa Pedol – Con Emilio Solfrizzi, e con (in o. a.) Viviana Altieri, Giovanni Argante, Anita Bartolucci, Fabrizio Contri, Nico Di Crescenzo, Cristiano Dessì, Lisa Galantini, Lydia Giordano, Elisabetta Mandalari, Roberto Turchetta – Costumi Sandra Cardini – Musiche Antonio Sinagra- RegiaArmando Pugliese. Al TEATRO CARCANOCorso di Porta Romana 63, Milano. Repliche fino a domenica 19 novembre.
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