(di Patrizia Pedrazzini) Fatah (Fatsah Bouyahmed) è un umile contadino che vive in un villaggio ai margini del deserto algerino, nel quale tutti sanno tutto di tutti e nessuno si fa i fatti propri, sia nel bene che nel male. Uomo semplice, dall’animo buono e gentile (il che lo rende anche oggetto di scherno fra gli abitanti del paesino), ama teneramente la moglie e le due figlie, ma non ha occhi che per Jacqueline, uno splendido esemplare di mucca con la quale Fatah parla e che accudisce come una creatura. E che, soprattutto, sogna da anni di far partecipare al Salone dell’Agricoltura di Parigi, convinto che, bella com’è, sbaraglierà tutte le concorrenti. Così, quando dalla capitale, esasperati dalle sue continue richieste, gli organizzatori gli scriveranno che sì, la sua domanda è stata accettata, l’uomo salirà con Jacqueline – grazie a una colletta fatta dai compaesani – sul primo traghetto per Marsiglia. Destinazione Parigi. A piedi.
Inizia così “In viaggio con Jacqueline” (“La Vache”), un road movie esilarante e commovente, tenero e inarrestabile, che vedrà il protagonista, e la sua fedele compagna, alle prese con realtà, situazioni, persone fra le più disparate, tuttavia sempre fonte di nuove e positive esperienze. E non solo per Fatah, ma forse ancora di più per chi avrà la sorte di incontrarlo e di conoscerlo. Perché il candore, l’onestà e la mancanza di pregiudizi dell’ingenuo (ma non sciocco) contadino riusciranno là dove la ragione e la ragionevolezza avranno fallito. Mentre il viaggio dell’uomo, e della sua mucca, col trascorrere dei giorni assomiglierà sempre più – complici imprevisti e incontri sorprendenti – a una marcia trionfale e lo stesso Fatah, pur lontano anni luce dal mondo della comunicazione di massa, diventerà un nuovo, quasi idolatrato, fenomeno mediatico.
Secondo film del regista francese di origini algerine Mohamed Hamidi, “La Vache” (che in Francia, con oltre un milione di spettatori, si è attestato come una delle commedie più apprezzate della stagione) non può tuttavia, inevitabilmente, esimersi da una lettura “politica”, ancorché dalla morale nascosta, come nelle favole. In quanto mostra come le differenze di ceto, di religione e di cultura non solo possano coesistere senza minimamente scontrarsi, ma quasi scompaiano, a fronte di “valori” semplici ma universali, e vincenti, come il rispetto, la curiosità intellettuale, l’apertura mentale. Così un bel giorno Fatah, musulmano praticante, arrotolato il fedele tappetino sul quale ha appena pregato, entra per la prima volta in vita sua in una chiesa e sorride, silenzioso compiaciuto, ammirando le colonne, le sculture, l’altare. Mentre il casuale incontro con un gruppo di agricoltori francesi che manifestano contro le quote latte lo costringe a considerare come le campagne francesi stiano andando verso un triste e desolato abbandono, e a riflettere, lui che la povertà la conosce bene, su come anche nel Paese che per lui ha sempre rappresentato un mito le cose non vadano poi così bene.
Il tutto calato in una Francia rurale e a tratti un po’ naif, popolata di personaggi autentici, ognuno alle prese con i propri piccoli grandi guai, ma mai cattivi o in mala fede: dal cognato esagitato (Jamel Debbouze) in crisi con la famiglia d’origine (ma alla fine, guarda caso grazie a Fatah, tutto finirà in gloria) all’allegra e godereccia compagnia di maghi e giocolieri (che offrirà al povero, astemio Fatah una grappa di pere destinata a trasformarsi, per le sue conseguenze, in un vero e proprio tormentone virale) al nobile decaduto, e depresso (Lambert Wilson), che grazie a Fatah riuscirà a dare ancora un senso alla propria vita.
Quanto a Jacqueline, è stata oggetto di un casting piuttosto complesso. Intanto ne servivano tre: una per le riprese in Africa, una per quelle in Francia, e una di scorta. Dapprima, visto che, per essere credibile come mucca algerina, doveva assolutamente essere marrone, si è optato per un esemplare di razza Jersey. Ma era troppo piccola, e non figurava bene vicino a Fatah. Allora la produzione ha scovato, in Marocco, una vacca di razza Tarentaise perfetta per il ruolo. Solo che a quel punto era necessario trovare le due “gemelle”. Al provino per le parti si sono presentate in 300.
Il contadino Fatah e la vacca Jacqueline. Dall’Algeria a Parigi. Un tenero road movie nel segno dei buoni sentimenti
21 Marzo 2017 by