“Venere in pelliccia”di Polanski, con una sfrontata, pitonesca Emmanuelle Seigner

Venere-in-pelliccia_h_partb 2(di Paolo Calcagno) Solamente due attori davanti alla cinepresa, l’ispirata e travolgente Emmanuelle Seigner e lo straordinario campione della recitazione dal “taglio su misura” Mathieu Amalric, un esterno iniziale e, poi, per tutto il film, l’interno spoglio della sala di un teatro per le prove. Roman Polanski, dopo “Carnage”, conferma la sua predilezione per il cinema “a corto raggio”, di dichiarata ispirazione teatrale, dove domina la parola, un diluvio di parole, e il palcoscenico si trasforma in un ring per un combattimento destinato a terminare prima del limite e nel quale non sono per niente esclusi i colpi bassi. Fragori di tuoni e improvvisi lampi fanno da colonna sonora al duello, prima malizioso e, infine, devastante, di “Venere in pelliccia” (tratto dalla pièce “Venus in Fur”, di David Ives, a sua volta ispiratosi all’omonimo romanzo di Leopold von Sacher-Masoch).
E’ pomeriggio inoltrato e Thomas ha passato l’intera giornata a fare audizioni alle attrici che aspirano alla parte d Wanda nel lavoro che, come autore e regista, si prepara a mettere in scena. Thomas parla al telefono e si lamenta dell’inadeguatezza strutturale delle candidate che ha esaminato, non soltanto interpreti prive di talento ma addirittura carenti come essere umani, come giovani moderne, lanciate sul fronte dell’esistenza, prone a venerare l’effimero, improbabili nel ruolo della gran dama ottocentesca del copione, domatrice di uomini e degli accadimenti cruciali della vita. Thomas sta per uscire dalla sala-prove quando in platea irrompe Vanda, attrice eternamente in ritardo, che riesce a respingere tutti i tentativi del regista di non concederle l’audizione. Vanda è inarrestabile, sfrontata, pitonesca: s’insinua nei piccoli spazi lasciati liberi al suo assalto dall’intransigenza marmorea di Thomas (uno squillo del telefono, uno sguardo alla lista degli appuntamenti) e si avvinghia, soave ed energica, al povero regista, lo ammalia con la sua arte seduttiva, perversa e irresistibile, lo incanta con l’arguzia e lo splendore delle sue qualità d’attrice, fino a stordirlo e a privarlo di ogni possibile difesa. All’inizio, Thomas tratta Vanda con sufficienza, la liquida senza tanti complimenti poiché la giovane rappresenta ciò che egli detesta: è stupida, è volgare. Ma ogni tentativo di respingere Vanda, che peraltro ha lo stesso nome della protagonista della pièce, s’infrange contro il muro incrollabile della volontà della donna di ottenere l’audizione e, persino, la parte. Thomas senza volerlo si trova di fronte al suo personaggio. Con stupore si accorge che l’attrice conosce perfettamente la protagonista della commedia, sa a memoria le battute, ha con sé abiti e oggetti di scena del tutto appropriati, sa dosare luci e ombre sul palco, sa persino dirigere il suo interlocutore cui Thomas si adatta a prestare voce e figura, e non solo.
Polanski, che per gran parte della sua cinematografia ha indagato da “maestro” sul lato oscuro della condizione umana (“Rosemary’s Baby”, “L’inquilino del terzo piano”), stavolta, come già in “Luna di fiele”, si diverte a rappresentare la crudeltà del gioco seduttivo, l’annientamento delle sue finalità , il vuoto in cui rimbalza, disperato e inconsolabile, il sesso inappagato e frustrato dall’impossibilità di possedere e, quindi, di amare. E alla più crudele delle seduzioni evocate da Polanski, dà ancora una volta carne e sangue, oltre a una buona dose di contagiosa ironia, la magnifica Emmanuelle Seigner che si presenta come facile e sprovveduta preda e si rivela spietato e meraviglioso carnefice. Thomas finisce nella trappola di Vanda, viene spezzato e umiliato dalla morsa seduttiva del suo personaggio che, balzato dal copione sulle tavole del palcoscenico, trasformato da Wanda in Vanda, lo cattura, lo distrugge e, infine, lo abbandona alle sue macerie.
Terrificantemente illuminante del senso di “Venere in pelliccia”, e della visione dolorosa di Polanski in tema di amore e passione, è una delle ultime scene del film, quando Vanda-Wanda, distesa su un divano, prova e stravolge il potere del fascino della protagonista: “Vieni qui. Abbracciami”, incita lei. Lui si distende tra le braccia di lei e obbedisce. “Vedi? Per un’ora posso farti immaginare di essere di nuovo libero. Di essere il mio amato, sciocco che non sei altro. A un certo punto ti renderai conto che non sei niente. Che in realtà sei qualunque cosa io voglio che tu sia. Una persona. Un animale. Una pistola scarica. Uno spazio da riempire. Un vuoto”.

“Venere in pelliccia”, regia di Roman Polanski, con Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric. 2013