MILANO, venerdì 14 dicembre ► (di Paolo A. Paganini) Andando un po’ a memoria, ricostruendo con fatica le date dagli annali di teatro, troviamo una lunga e variegata sequela di molieriani misantropi.
Dal fedele e ipocondriaco “Misantropo” di Aroldo Tieri con Giuliana Lojodice, regia di Squarzina, scene e costumi di Damiani (al Carcano, 19 febbraio 1985), al truce “Le Misanthrope” con la regia di Lassalle (al Piccolo, 2 dicembre 1999), dall’atrabiliare e farsesco Misantropo di Toni Servillo, scene, regia, con Roberto De Francesco, Iaia Forte e Servillo (all’Elfo Porta Romana, 20 ottobre 1995) all’amara e pessimistica apologia della gelosia dell’insopportabile Alceste di Mariano Rigillo con Anna Teresa Rossini, regia Guicciardini (al Piccolo, 5 ottobre 2004), dall’autobiografico Misantropo di un sofferto Massimo Popolizio, regia Castri (al Piccolo, 16 novembre 2010), fino ai Marcido, in una stravagante miscellanea di songs (all’Out Off, 8 aprile 2014): insomma, che lo si condisca in mille salse, che lo si straluni in eccentriche scenate di nevrotica gelosia, che lo si scateni in viscerali stravolgimenti contro l’odiata società degli ipocriti (i quali invece ci vivono così bene), non si sfugge alle spire affascinanti di Molière (nel “Misantropo” in crisi anche di suo).
Ed ora anche Valter Malosti, con Anna Della Rosa, Sara Bertelà eccetera (versione italiana dello stesso Malosti con Fabrizio Sinisi) ha portato il “suo” Misantropo al Teatro Carcano (un’ora e trentacinque senza intervallo), su una scena-ring, dove si svolge l’erotico scontro tra Alceste e la sfarfalleggiante Célimène, che, in sottoveste, non risparmia grazie e virtù ad ogni apparizione di brache maschili.
Alceste è senz’altro un caso patologico d’insanabile misantropia, contro tutto, contro tutti, amici, istituzioni, poeti e cicisbei. Sì, vero è che Molière ci ha messo dentro anche il suo bravo “grillo parlante”, l’amico Filinte, ottimistico contraltare alla pessimistica autodistruzione dello stordito Alceste, che fino in fondo non capisce il baratro in cui lo sta precipitando la civetta e puttanesca Célimène.
Filinte, nell’originale, è il buon senso, che accetta gli uomini e la vita come sono, ma per Alceste è un’altra dimostrazione dell’infernale complotto degli ipocriti contro Giustizia, Verità, Onestà.
Invero, Alceste, nevrotico Don Chisciotte francese del 600, in realtà, oggi come allora, rappresenta due precise categorie d’ogni tempo e paese: chi finge (viene accettato) e chi dice il vero (viene emarginato come un reprobo).
Così andava e così va il mondo.
Abbiamo indugiato sulla figura di Filinte (o Philinte), perché, fin dalla prima scena, questo ulteriore e immaginifico stravolgimento d’un “Misantropo” divertente e temerario, offre subito la chiave interpretativa dell’attualizzato disegno drammaturgico di Malosti.
Filinte è infatti una specie di agente teatrale di Alceste, il quale forse è lo stesso Molière, o forse un ipotetico primattore di Compagnia. L’agente-consigliere, senza andar tanto per il sottile, è ipocrita, falso, viscido, opportunista, e avido più di onorari che di onori. Si reputa amico di Alceste, che invece lo tratta come uno straccio. Nel frattempo, due nobili cicisbei, entrambi innamorati di Célimène, invasati di pop, rockeggiano, con pubici ancheggiamenti, per dimostrare quanto amano; mentre un imprudente poeta da strapazzo insiste con Alceste perché ascolti un suo ispirato sonetto. E mal gliene incoglie, ovviamente.
Qualche spruzzata dal “Don Giovanni”, che col “Tartufo” e il “Misantropo”, è al culmine dei grandi capolavori di Molière, aggiunge qui ulteriore sapore a un’operazione che il pubblico, soprattutto giovanile, ha mostrato di gradire. Anche se il “Misantropo” ne esce frastornato. Ed è un peccato, perché l’idea di un Alceste-Molière-Malosti era buona e coerente, ancorché di audace attualizzazione, ma senz’altro legittima e pertinente, specie con un’attuale compagine attoriale di bella e interessante professionalità. E poi ci sarebbe stato, come in realtà c’è stato, il supporto delle stesse parole del testo molieriano a garantire un risultato di grande fascino. Ma con una diversa e più incisica regia.
Cordiali applausi finali per tutti.
“MOLIÈRE / IL MISANTROPO (ovvero Il nevrotico in amore)”, di Valter Malosti (versione italiana Fabrizio Sinisi e Valter Malosti). Con Valter Malosti (Alceste), Anna Della Rosa (Célimène), Sara Bertelà (Arsinoé), Edoardo Ribatto (Oronte), Roberta Lanave (Eliante), Paolo Giangrasso (Philinte), Matteo Baiardi (Clitandre), Marcello Spinetta (Acaste). TEATRO CARCANO – corso di Porta Romana 63, Milano. Repliche fino a domenica 23 dicembre.