Venerdì 12 dicembre ●
(di Marisa Marzelli) Pur con tutta la simpatia e la stima per Aldo, Giovanni & Giacomo, il loro nuovo film Il Ricco, il Povero e il Maggiordomo è debole. Non che i precedenti fossero pietre miliari della comicità, ma dall’esordio con Tre uomini e una gamba (1997) non hanno fatto gran passi avanti, spesso hanno marciato sul posto e ora si trovano nelle retrovie, con una proposta cinematografica non più in sintonia con il gusto attuale. Nonostante ciò, è probabile che anche questa fiaba contemporanea, come quattro anni fa La banda dei Babbi Natale, risulti in Italia tra i migliori incassi delle Feste.
Ma per il Trio, che a teatro continua a non deludere, è troppo poco. Sarà colpa di un soggetto scontato, di una sceneggiatura pasticciata e piena di buchi (ci hanno lavorato i tre comici con altri tre co-autori), di una regia senza scatti (sempre loro tre, insieme a Morgan Bertacca), della volontà di tenersi ben stretto il pubblico delle famiglie, senza osare una pur minima provocazione; fatto sta che il film risulta una stanca rifrittura delle solite gag. Il ricco, naturalmente, è il borioso Giacomo, broker che vede svanire da un giorno all’altro i suoi investimenti speculativi su un Paese africano (di fantasia), travolto da un colpo di stato. Giovanni è il suo maggiordomo, esperto di arti marziali e innamorato della colf ispanica. Aldo è talmente povero da travestirsi da ambulante di colore. L’auto guidata da Giovanni e con a bordo Giacomo investe in un senso vietato Aldo, che invece di essere risarcito viene assunto come tuttofare. Ma c’è il tracollo economico, Giacomo perde tutto e si trasferisce con Giovanni a casa di Aldo, dove regna l’inflessibile mamma (Giuliana Lojodice). Inutile proseguire con la prevedibile sequela di equivoci, imbrogli naïf e tutto il repertorio di battute surreali e comicità slapstick del Trio.
Sottotrame improbabili (a volte inutili o non concluse) e un finale consolatorio sul valore dell’amicizia e del rimboccarsi le maniche con meno ambizioni, perché questo È un mondo difficile, come dice la vecchia canzone di Tonino Carotone, assunta insieme all’ancor più vecchia Se mi lasci non vale di Julio Iglesias a leit motiv musicale.
Un punto a favore del film lo segnano un paio di comprimari. Giuliana Lojodice e Massimo Popolizio (nel ruolo di un prete di parrocchia sui generis), dall’alto della loro raffinata esperienza teatrale sembrano divertirsi a dare spessore ai rispettivi personaggi. Sprecata (per via di un personaggio inconsistente) la presenza di Francesca Neri. E poi c’è la bellezza esotica Guadalupe Lancho, che si concede qualche parolaccia (ma solo in spagnolo) ed ha al seguito quattro mariachi messicani, sebbene il suo personaggio sia venezuelano.
Il nuovo film del Trio stavolta arranca. Una stanca rifrittura delle solite gag con un soggetto scontato e pasticciato
12 Dicembre 2014 by