Il Romanticismo italiano (e milanese) in 200 opere. Dal 1815 al ’48, l’arte in quei pochi decenni che cambiarono il mondo

Francesco Hayez, “La Meditazione”, 1851 – Olio su tela, cm. 92,3 x 71,5 – Verona, Galleria d’Arte Moderna

MILANO, giovedì 25 ottobre ► (di Patrizia Pedrazzini) Si sviluppa all’interno di due sedi, Le Gallerie d’Italia di piazza della Scala e il Museo Poldi Pezzoli della vicina via Manzoni, e si configura, con 200 opere fra dipinti e sculture distribuite in 21 sezioni, come la prima grande mostra mai dedicata al Romanticismo italiano. Ovvero al movimento artistico che, fra il Congresso di Vienna (1815) e il 1848 (Cinque Giornate di Milano, Rivoluzioni di Venezia e di Roma), interpretò, in letteratura, in musica e nelle arti figurative, i profondi cambiamenti che accompagnarono, nella prima metà dell’Ottocento, il nuovo modo di vivere e di rappresentare la realtà.
Delle opere esposte, tutti capolavori, 42 vengono proposte al pubblico per la prima volta, provenendo da collezioni private, mentre 14 non sono mai state, prima d’ora, viste in Italia, arrivando da musei esteri quali il Belvedere di Vienna, l’Ermitage di San Pietroburgo, la National Gallery di Londra.
Una mostra la cui immagine-guida è uno dei dipinti più inquieti, suggestivi e sensuali di Francesco Hayez: “La Meditazione”. Seduta su una sedia di cuoio, sullo sfondo di un muro blu, una bellissima, giovane donna, discinta, con il seno scoperto, la veste bianca, gli occhi puntati su chi la sta osservando, tiene fra le mani un libro, sul cui dorso spicca la scritta “Storia d’Italia”, e una croce con una data: “18. 19. 20. 21. 22 marzo 1848”, le Cinque Giornate di Milano. Non una semplice, qualunque, bellissima giovane donna, bensì l’incarnazione della patria “bella e perduta” invocata nel celeberrimo coro del “Nabucco” di Giuseppe Verdi. Tanto che il quadro si sarebbe dovuto chiamare “L’Italia nel 1848”, solo che la censura austriaca non lo consentì.
Venendo alla mostra che, curata dallo storico dell’arte Fernando Mazzocca, rimarrà aperta fino al prossimo 17 marzo, si configura come una vera e propria immersione in una sorta di abisso di bellezza, capacità artistica, gusto, eleganza, ricerca della perfezione estetica difficilmente reperibili tutti insieme e nella medesima occasione.

Eliseo Sala, “Lucia Mondella che guarda dalla finestra se ritorna il suo fidanzato nel giorno stabilito per le nozze”, 1843. Collezione privata

Si va dalla visione romantica della realtà di Caspar David Friedrich (presente con tre opere mai esposte in Italia) ai “ritratti” della natura incontaminata, dei paesaggi alpini, di quelli notturni, che evocano il fascino delle tenebre, dell’inquietudine, della paura dell’ignoto. E ancora dalle rappresentazioni storiche (mitologiche, ma anche moderne) alla “pittura urbana”, alla bellezza di Napoli, Amalfi e Sorrento. Dai dipinti incentrati sul tema dell’acqua (i Navigli di Milano, i canali di Venezia, la Senna a Parigi) ai ritratti, primo fra tutti quello, notissimo e sempre di Hayez, di Alessandro Manzoni. Per passare, dal Manzoni, ai ritratti dei personaggi de “I promessi sposi”: Lucia, la Monaca di Monza (rappresentata, nel quadro di Giuseppe Molteni, esattamente come nel romanzo l’autore la descrive: “Il suo aspetto, che poteva dimostrare venticinque anni, faceva a prima vista un’impressione di bellezza, ma d’una bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta”), l’Innominato. E ancora i nudi femminili, i temi biblici (la morte di Abele, il Diluvio, l’abbandono di Ismaele), il riscatto dei miserabili, incentrato sulle sofferenze degli strati più bassi della società: i piccoli spazzacamini, i venditori di latte, i bambini soli, poveri e abbandonati che, al di là della Manica, popoleranno nei medesimi decenni i romanzi di Dickens. Con una particolare sezione dedicata a Dante (fortemente “riscoperto” proprio nell’Ottocento) e ai personaggi della sua “Commedia”. Primi fra tutti Paolo e Francesca, il conte Ugolino, Pia de’ Tolomei. E tanto altro ancora.
Hayez e Molteni. Ma anche Turner e Corot. E D’Azeglio e De Goubernatis. Bagetti e Caffi. Una mostra ambiziosa, che si prefigge di far luce, attraverso e grazie all’arte, sulla storia di un periodo conosciuto, sì, ma non abbastanza. E che ebbe in Milano una protagonista indiscussa. Tanto da configurarsi, alla fine, come una sorta di affresco della città, della sua vita culturale e della sua atmosfera quotidiana nei decenni centrali del XIX secolo.

“Romanticismo”, Milano, Gallerie d’Italia, piazza della Scala 6 e Museo Poldi Pezzoli, via Manzoni 12,  fino al 17 marzo 2019