Il teatro, completamento materiale al servizio del pensiero. Non aspetto marginale, ma strumento di verità e di emozioni

Badiou interno(di Andrea Bisicchia) Il teatro è un contenitore di pensiero e, come tale, può essere sottoposto a molteplici teorie, tante quanti sono i contenuti che affronta. Esiste anche un teatro senza pensiero, non soltanto quello consumistico, ma quello spesso spacciato per avanguardistico, più attento al rinnovamento delle forme che ai contenuti.
Alain Badiou, uno dei più noti pensatori contemporanei, nel volume: “Rapsodia per il teatro. Arte, Politica,Evento”, a cura di Francesco Ceraolo (Luigi Pellegrini editore), si chiede, fino a che punto possa essere applicata, al teatro, una teoria senza prassi, e fino a che punto la prima sia un derivato della seconda o viceversa. Anch’io mi chiedo se la prassi sia la messa in opera della teoria. Avendo, da tempo, la storiografia teatrale ceduto “il testimone” ad altre discipline, le teorie si sono intensificate e, in certi casi, hanno mantenuto in vita un teatro agonizzante, quello che aveva perso la peculiarità della parola. La reazione dei ricercatori e dei teorizzatori, applicata alla scena, ha fatto sì che lo spettacolo nascesse direttamente dentro lo spazio scenico in forma pragmatica, trattandosi dello spazio della rappresentazione. Non dico che coloro che hanno scelto lo spirito avanguardista non abbiano teorizzato le loro scelte, dico soltanto che, quanto più costoro si sono affaticati a teorizzare, tanto più hanno dimostrato il fallimento del loro lavoro che, alla fine, va giudicato non per quello che teorizzano, ma per quello che fanno.
Per Badiou, la prassi non dovrebbe essere altro che un adeguamento al pensiero, o meglio il suo completamento materiale. Solo in simili casi, lo spettacolo può diventare veicolo di una ideologia ed essere capace di creare emozioni nello spettatore, a dimostrazione che il teatro non va concepito come un aspetto marginale del pensiero, essendone sempre al servizio, come lo è della verità, benché debba, nel frattempo,  sapere esporre la “sua” verità. In questo senso, una particolare funzione filosofica potrebbe contrapporsi alla funzione politica evocata da Brecht, per il quale la natura ideologica del teatro deriva dal fatto che trattasi di un vero e proprio strumento capace di modificare il mondo. La prassi brechtiana, ben sostenuta dalla teoria, è vista in funzione dei suoi effetti pubblici. Se per Brecht, il teatro deve essere al servizio delle verità sociali, per Sartre, per esempio, doveva essere “esposizione” della verità.
Badiou,rielaborando una tesi cara a Paolo Grassi, quella del teatro come servizio pubblico, sostiene che la procedura del teatro deve essere analoga a quella della politica, non solo perché il teatro dipende economicamente dallo Stato, ma anche perché ne è una manifestazione, oltre che il prodotto, in quanto rappresenta “ciò-che-è dello Stato”( vedi teatro borghese), oltre che il trascendimento di “ciò-che-è” da parte dello Stato, quello che Badiou ritiene “il grande” teatro, analogico alla politica, che può instaurarsi mettendo in relazione l’eternità del testo con l’istante della situazione scenica.
Oggi c’è chi ritiene il testo superato , essendo stato sostituito dalla sperimentazione scenica, dalla ricerca dello scandalo a tutti i costi. Io credo che sia giunto il momento di dire a che cosa, spesso, assistiamo, dato che i risultati sono da considerare almeno discutibili, tali da disorientare il critico e il pubblico. Ci si trova, il più delle volte, dinnanzi a messinscene improvvisate, fatte di poche parole, spesso urlate, tanto che il grido ha sostituito la dizione. Si assiste all’apologia del corpo, fino a vedere il nudo trasformato in costume, al culto della interattività,sempre superficiale, alla dissimulazione, alla ornamentalità esteriore. Il teatro è molto esigente, non può essere confuso col falso teatro.

ALAIN BADIOU, “Rapsodia per il teatro. Arte, Politica, Evento”, a cura di Francesco Ceraolo – Luigi Pellegrini Editore, 2015 – pp 260 – € 18,00