(di Patrizia Pedrazzini) Anno 2036, o giù di lì. A Reuma Park, ospizio costruito in un vecchio Luna Park (che è poi quello milanese dell’Idroscalo) con tanto di attrazioni ancora in funzione – ma di fatto sorta di lager con tanto di cecchino e filo spinato – è la Vigilia di Natale. Fra i poco arzilli vecchietti, sorvegliati dall’aguzzina di turno, la procace Ludmilla, infermiera russa taglia XXL, ecco ritrovarsi i tre protagonisti. Certo, è passato qualche annetto. Giacomo è su una sedia a rotelle, attaccato a una flebo di barbera, gira con una pistola giocattolo e odia il mondo intero. Giovanni ha qualche problema di memoria, parla con i piccioni e i pesci rossi, però non disdegna le grazie delle infermiere. Aldo, dopo un lungo viaggio in auto dalla Sicilia (però sullo Stretto c’è il ponte) viene mollato alla casa di riposo proprio quel giorno dai figli (che hanno le facce di Ficarra e Picone, alla loro seconda esperienza cinematografica con il trio comico dopo “Chiedimi se sono felice”). Ma ritrovarsi e rivivere è tutt’uno.
La notte di Natale, si sa, tutto può accadere. Anche mettere in atto – mentre gli altri fanno festa tra musiche, tombolate e panettoni – una rocambolesca fuga a bordo di una Vespa con sidecar recuperata in piazza del Duomo. Alla maniera di Steve McQueen in “La grande fuga”, più o meno. Verso dove? Mah. La notte di Natale è magica. Può essere sufficiente arrivare alla Darsena, salire su una pilotina, e andare. Dal Naviglio a Rio de Janeiro, perché no?
Due anni dopo “Il ricco, il povero e il maggiordomo”, arriva nelle sale “Fuga da Reuma Park”, l’ultima commedia natalizia di Aldo, Giovanni e Giacomo. Ideato anche per festeggiare i 25 anni di vita e di lavoro insieme (il debutto del trio risale al 1991, al Caffè Teatro Verghera di Samarate, vicino a Varese, con “Galline vecchie Fan Buon Brothers”), il film si snoda su due filoni. Da un lato quello, realistico e amaro, della vecchiaia, della malattia, della solitudine, della paura della morte, tuttavia esorcizzate dalla voglia di vita e di ribellione. Dall’altro, quello della celebrazione, sotto forma di ricordi, sogni, visioni, fantasie, di tutto il mondo del trio: i personaggi di fantasia, le situazioni paradossali, la comicità insieme realistica e surreale, le battute popolari ma mai volgari (su tutte, la milanesissima “Ma porca di quella troia”). E i protagonisti di tanti sketch: Nico, Rolando, Tafazzi, Johnny Glamour. Il Conte Dracula e Pdor figlio di Kmer, gli Svizzeri e “Ma vuoi mettere come si sente una Marlboro a tremila metri?”. A un certo punto salta persino fuori una gamba di legno. Mentre l’infermiera doppio extra large altro non è che la riedizione della caposala russa dell’episodio “Ospedale” di “Ammutta muddica” (anche qui interpretata da Silvana Fallisi).
Del resto, nemmeno i vecchietti, più o meno sordi, alterati o confusi, rappresentano una novità nel panorama delle interpretazioni del trio comico. Nello stesso spettacolo teatrale “Ammutta muddica”, sono protagonisti di tre sketch, che li vedono in bici, sul Naviglio e alle Poste. E ancora una volta è il Brasile, Rio in particolare, il luogo del viaggio della vita, del sogno. Insomma, niente di nuovo sotto il sole.
Detto questo, il film di Aldo, Giovanni e Giacomo, al di là dei momenti “celebrativi”, e nonostante la veramente “tanta” presenza di Ludmilla (un vero e proprio tormentone, che però alla fine regala a tutti una bella sorpresa), cattura. Magari, più che ridere, fa sorridere. Magari lascia addosso un velo di tristezza e di malinconia. Magari lo sconcerto di Aldo abbandonato all’ospizio dai figli che non sanno come dirglielo, ma lui ha capito benissimo, è reso proprio bene.
Ma due scene restano negli occhi. Quella di loro tre sul sidecar che, fermi a un passaggio a livello di periferia, osservano stralunati un condor, un cammello e uno struzzo (altri vecchi classici) che imbastiscono uno spettacolino prima che si alzino le sbarre. E quella, finale, della pilotina che si allontana lungo il Naviglio sulle note di “A Copacabana” (il brano originale a ritmo di samba cantato dal trio), mentre sullo sfondo albeggia dietro i palazzoni di Ligresti. È la mattina di Natale, e Milano è proprio bella.