Impressionismo e avanguardie. Da Philadelphia cinquanta capolavori del ricco (e sapiente) collezionismo americano

Pablo Picasso, “Donna e bambine”, 1961, olio su tela, 146 x 113.7 cm – Philadelphia Museum of Art –  Donazione di Mrs. John Wintersteen, 1964

MILANO – (di Patrizia Pedrazzini) Fondata nel 1682 dal quacchero William Penn sull’estuario del fiume Delaware in omaggio ai principi della libertà e della tolleranza religiosa, Philadelphia non è solo la principale città della Pennsylvania e una fra le più antiche degli Stati Uniti. È prima di tutto, nel cuore patriottico dell’America, il luogo nel quale, il 4 luglio 1776, venne firmata la Dichiarazione d’indipendenza, seguita, nel 1787, dalla Costituzione. Ma è stata anche, almeno a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, uno dei principali centri dell’industria ferroviara, nonché di quella dell’acciaio, delle navi a vapore, delle raffinerie, dei prodotti alimentari. Una capitale del lavoro e del commercio, quindi del denaro. Che i ricchi industriali del tempo non disdegnavano di investire nell’acquisto di capolavori artistici, dipinti soprattutto, dei contemporanei maestri europei, dando vita e corpo a collezioni i private di inestimabile valore e bellezza. Successivamente radunate in una delle istituzioni di maggior prestigio della città, il Philadelphia Museum of Art, fondato nel 1876 sulla scia della prima esposizione internazionale, che la città aveva appena ospitato, e oggi forte di un corpus di oltre 230.000 opere, due millenni di produzione artistica mondiale.
Bene, ora una nutrita selezione delle collezioni di opere d’arte datate fra la seconda parte dell’Ottocento e la prima del Novecento, letteralmente “trasloca” da Philadelphia a Milano per approdare alla mostra “Impressionismo e Avanguardie”, a Palazzo Reale fino al 2 settembre. Promossa e prodotta dal Comune e da MondomostreSkira (che ne cura anche il catalogo), l’esposizione presenta cinquanta capolavori, quasi esclusivamente dipinti, radunati in una sorta di raffinata miscellanea di nature morte, paesaggi, ambienti cittadini, ritratti, firmati da maestri del calibro – e non sono tutti – di Cézanne, Degas, Manet, Gauguin, Monet, van Gogh, Pissarro, Renoir. Per passare a Braque, Kandinsky, Klee, Matisse, Chagall, Picasso. Fino al surrealismo di Dalì e Mirò. E incluse tre artiste: la statunitense Mary Cassat, originaria di Pittsburgh divenuta poi amica e allieva di Degas; la parigina Marie Laurencin; e la francese Berthe Morisot, pittrice ma anche modella preferita di Manet, che la ritrasse in undici tele, fra le quali l’incantevole “Berthe Morisot con un mazzo di violette”, del 1872.
Ricca ed eterogenea, distribuita su nove sale per altrettanti settori, la mostra milanese consente la visione, pur nell’insieme di opere tutte di indubbio valore, di capolavori di rara bellezza: da “La classe di danza” di Degas alla “Marina in Olanda” di Manet, dalla “Ragazza con gorgiera rossa” di Renoir alla “Place du Tertre à Montmartre” di Utrillo. Chagall è presente con “Nella notte”, del 1943, Kandinsky con “Cerchi in un cerchio”, dipinto nel ’23.
Da segnalare il lavoro di trasformazione, insieme estetica e funzionale, degli spazi espositivi, finalizzato a ricreare l’atmosfera di un’istituzione museale tipicamente americana. Quindi arredi semplici e linee pulite. Mentre le quattro sale interamente dedicate alle opere acquistate da altrettanti collezionisti (Cassatt, White, Stern e Arensberg) si avvalgono di finiture particolarmente raffinate, pareti dai colori intensi, rivestimenti in tessuto dei pannelli di supporto dei quadri, legno a doghe per i pavimenti. Come piaceva alla ricca Philadelphia e ai suoi ricchi (e sapienti) capitani d’industria.

“Impressionismo e Avanguardie. Capolavori dal Philadelphia Museum of Art”, Milano, Palazzo Reale, fino al 2 settembre.
www.palazzoreale.it
www.impressionismoeavanguardie.it