(di Andrea Bisicchia) La memorialistica è un genere letterario a cui lo storico spesso ricorre per verificare delle notizie o per accrescere i risultati delle sue ricerche. È un prodotto della memoria, ovvero un documento non scientifico perché, in molti casi, addolcisce momenti che si rivelano drammatici. Appartiene, generalmente, all’autobiografia o alla diaristica ed è testimonianza di un vissuto personale.
È il caso del volume di Concetto Gilé, edito da Marrone, “Raccontarsi. L’Istituto Nazionale del Dramma Antico attraverso i miei ricordi”, nel quale la ventennale esperienza lavorativa di Gilé come direttore artistico, fatta di incontri particolari, si alterna con riflessioni personali, con i quali l’autore cerca di dare ordine al caso, all’Ananke greca, con la consapevolezza che soltanto: “gli imbroglioni hanno la memoria in ordine”, come sostiene Daniel Pennac.
L’itinerario, attraverso il quale Concetto Gilé ci conduce va dal 1960 al 1985, un lungo periodo, durante il quale, l’INDA ha visto avvicendarsi ben tre commissari illustri: Antonio Sammartano, Diego Gullo, Giusto Monaco, chiamati a risollevare le finanze dell’Ente, dopo alcuni risultati economici disastrosi. Ciascuno aveva tentato delle vere e proprie svolte, magari dando più visibilità alle rappresentazioni, con la presenza dei Presidenti della Repubblica, come Giovanni Gronchi e Antonio Segni, del quale Gilé ci racconta un episodio noto a chi ha vissuto speciali momenti della storia dell’INDA. Segni, durante la rappresentazione dell’ “Eracle” di Euripide, fu costretto ad abbandonare la cavea per un improvviso malore, creando un po’ di trambusto, anche se l’uscita fu accompagnata da un lungo applauso. Altre curiosità, sempre poco note, sono: le presenze di Salvatore Quasimodo, già premio Nobel, in occasione della cerimonia riguardante una epigrafe dedicata a Epicarmo, commediografo siracusano; lo svenimento, per l’enorme fatica, di Valeria Moriconi in scena, alla fine di “Medea”; la polemica di Vincenzo Consolo quando vennero utilizzati i microfoni applicati alle voci degli attori. Altri episodi che Gilé ci racconta sono: la messinscena dell’ “Edipo Re”, regia di Alessandro Fersen, che fece recitare il coro, per la prima volta, in lingua greca, e il disastro economico procurato dalla tournée di “La Lisistrata” programmata al Teatro di Pompei, al Vittoriale di Gardone Riviera, al Teatro Romano di Verona, al Teatro Antico di Tindari e a quello di Segesta.
Per uno storico del teatro potrebbero sembrare episodi poco significativi, ma la vita di una Istituzione teatrale è fatta anche di episodi del genere, come, per esempio, la caduta dei pannelli della scena delle “Rane”(1976), programmata insieme a “Edipo a Colono”, con Glauco Mauri. In quella occasione, i pannelli di linoleum lucido, per sembrare uno specchio d’acqua , si erano staccati improvvisamente per il troppo caldo.
Insomma, la messinscena di uno spettacolo, non è soltanto frutto di una analisi critica da parte del regista e del suo staff, ma è anche quella di una analisi economica, oltre che tecnica.
Gilé ci ricorda ancora le difficoltà tecniche per la realizzazione del “Filottete” e dell’ “Oreste”, che prevedevano una scena, ideata da Paolo Tommasi, con un struttura metallica reticolare che utilizzava migliaia di bulloni il cui compito era quello di collegare decine di metri lineari di tubi d’acciaio, come dire che le difficoltà tecniche, per ogni allestimento, erano e sono notevoli.
Durante il periodo in cui Gilé è stato testimone dei suoi ricordi, gli spettacoli venivano programmati con cicli biennali, soltanto nel 2000 si passerà all’annualità, permettendo un lavoro più continuativo per le maestranze siracusane, anche se le difficoltà economiche non sembrano essere state superate, vista la recente nomina di un nuovo commissario, nella persona di Pierfrancesco Pinelli.
Concetto Gilé, “Raccontarsi. L’Istituto Nazionale del Dramma Antico attraverso i miei ricordi”, Editore Marrone, pp 136, € 12.