Invidie, falsità, calunnie, amore, gelosie, tradimenti. Insomma, “Otello”. Come quattrocento anni fa. Cioè come oggi

otellostrip1MILANO, martedì 25 ottobre (di Emanuela Dini) “Otello”, oggi. Ma uguale a quello di quattrocento anni fa, con le stesse atroci dinamiche di onore e raziocinio perduto, invidie e calunnie, falsità e manipolazioni, amori traditi e gelosie avvelenate, vittime innocenti e perfidi serpenti. Allora come oggi, dannatamente valide. E presentate – in questa nuova versione del Teatro dell’Elfo, con Elio De Capitani protagonista nel ruolo del Moro e anche co-regista con Lisa Ferlazzo Natoli – con un rigore e una fedeltà totale al testo e una scena essenziale e intuitiva, nel pieno rispetto della tradizione del teatro elisabettiano, botole infernali e cieli suggeriti compresi.
La nuova versione del classicissimo testo shakespeariano, nella traduzione e adattamento di Ferdinando Bruni, che ha recuperato musicalità, rime e endecasillabi, inchioda alla poltrona e fa scorrere senza accorgersene le oltre tre ore di spettacolo (un’ora e cinquanta il primo tempo, un’ora e un quarto il secondo, intervallo di 15 minuti) dove il groviglio di maldicenze e passioni aumenta di scena in scena e si dipana con una crescente suspence testimoniata dai non pochi spettatori piegati in avanti, braccia serrate e viso teso, quasi a volersi avvicinare al palco per non perdere neppure una battuta, un sospiro, un guizzo.
Un Otello che porta in primo piano il nodo indissolubile tra l’io e l’altro, la diffidenza e disprezzo verso il diverso – quel “negro” urlato e ribadito con scherno più e più volte proprio sull’orlo del palcoscenico, quasi gettato in pasto al pubblico – la tragedia della gelosia, del sesso, dei rapporti interculturali e razziali, la forza manipolatoria della malafede e di Jago, “untore ideologico”, come viene definito nelle note di regia.
La scena è minimale ed evocatoria: tralicci a vista e teli svolazzanti, che diventano pareti dei palazzi veneziani piuttosto che del castello di Cipro o della dimora di Otello e Desdemona. Pedane mobili e scale rotanti di ispirazione ronconiana sono di volta in volta tavole imbandite, talami nuziali o angoli di strada dove si concretizzano inganni e maldicenze, e un cielo-sudario di plastica trasparente accoglie la follia di Otello e ricopre i cadaveri degli sposi. Ma è una visione moderna e minimale che non travisa e non disturba e, anzi, si richiama ancora di più alla tradizione elisabettiana dove le scene non esistevano e tutta la potenza immaginaria era lasciata alle parole. Un’essenzialità che tocca il suo apice nel finale, quando in contemporanea alla verità che viene a galla e alle malefatte che si svelano, anche i teli della scena si sollevano e le quinte e il retropalco si svelano e palesano al pubblico. Vita e teatro, finzione e realtà, senza più veli e con la verità a portata di mano.
Un gran bello spettacolo, questo “Otello”, sottolineato infatti da applausi a scena aperta e accompagnato da una recitazione corale dove accanto a un sofferto Elio De Capitani (Otello), un sornione Federico Vanni (Jago), una dolce e determinata Camilla Semino Favro (Desdemona) tutti gli altri sono bravissimi e in armonia. Una nota anche per i costumi (di Carlo Sala, come le scene), atemporali e bellissimi, che vanno dalle uniformi di stampo militaresco imperiale, alle divise e baionette da prima guerra mondiale, agli splendidi e raffinati abiti anni ’30 di Desdemona, ai pastrani scuri e inquietanti di Otello.
Applausi e ovazioni finali di un pubblico entusiasta, tra cui anche l’ex sindaco di Milano Carlo Tognoli.

“Otello”, di William Shakespeare, traduzione di Ferdinando Bruni, regia di Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli, scene e costumi Carlo Sala, musiche originali di Silvia Colasanti. Con Elio De Capitani (Otello), Federico Vanni (Jago), Camilla Semino Favro (Desdemona), Cristina Crippa (Emilia), Angelo Di Genio (Cassio), Alessandro Averone (Rodrigo/buffone), Massimo Somaglino (Doge/Montano), Carolina Cametti (Bianca), Michele Costabile (Ufficiale/Lodovico). Al Teatro Elfo Puccini, Corso Buenos Aires 33, MIlano. Repliche fino a domenica 13 novembre.